venerdì 21 agosto 2009

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE ON. NICHI VENDOLA SUI MORTI ED I MALATI NEI PETROLCHIMICI PUGLIESI




Egregio Presidente

il 1° dicembre scorso alcune associazioni impegnate nella tutela della
salute dentro e fuori i luoghi di lavoro (Salute Pubblica e Medicina
Democratica) hanno indirizzato anche a Lei, insieme ad una lunga serie
di autorità con competenza in materia sanitaria nella nostra regione
(l’Assessore alle Politiche della Salute,i Sindaci di Brindisi e
Manfredonia, i Presidenti delle Province di Brindisi e Foggia ed i
relativi Direttori Generali delle ASL Provinciali, il Direttore
dell’Arpa, , i Presidenti degli Ordini dei Medici), una articolata
lettera perchè si richiedesse, sulla base di recenti evidenze
scientifiche, all'Istituto Superiore di Sanità di rianalizzare gli
studi di mortalità sui lavoratori dei petrolchimici di Brindisi e
Manfredonia, dai quali si sono ricavate sinora informazioni
erroneamente rassicuranti. La rianalisi degli studi sarebbe di grande
interesse per quei lavoratori esposti ed ancora in salute che
potrebbero beneficiare di misure di prevenzione.
A questa lettera l’unico ad aver dato risposta è stato il Direttore
Generale dell’ARPA, il Prof Giorgio Assennato, il quale ha espresso la
propria disponibilità a sostenere l'Assessorato alle Politiche della
Salute e le ASL di Brindisi e Foggia nella rianalisi degli studi sui
lavoratori dei petrolchimici di Brindisi e Manfredonia condividendo le
ragioni della richiesta.

Per maggior chiarezza mi sembra utile ricordarLe che le due
associazioni nel dicembre scorso avevano denunciato importanti
inesattezze metodologiche negli studi condotti in sede giudiziaria
sulle popolazioni lavorative di Brindisi e Manfredonia, al punto che i
lavoratori apparivano in condizioni di salute migliore della
popolazione generale. In realtà il confronto non andava eseguito con
la popolazione generale ma con gruppi di lavoratori meno esposti o
niente affatto esposti nello stesso stabilimento. Di questo si è già
accorta la Procura della Repubblica di Venezia che ha disposto la
rianalisi dello studio di Porto Marghera rilevando nei lavoratori
esposti 80 decessi in più per tutte le cause rispetto alle attese.
Purtroppo le decine di migliaia di famiglie che hanno negli ultimi
decenni avuto un congiunto a lavoro nei due petrolchimici pugliesi,
non solo hanno visto assolti o prosciolti i responsabili degli
impianti dalle accuse di
aver provocato le malattie ed i decessi dei loro cari, ma non
hanno neppure potuto giovarsi delle competenze messe a disposizione
dell’ARPA Puglia (pensi alle attese in campo risarcitorio ed
assicurativo) perché nessuna delle Autorità interpellate dalle
associazioni in questione ha finora richiesto all’Istituto Superiore
di Sanità il data-base delle due coorti esaminate a Brindisi e
Manfredonia.

Le scrivo pertanto per sollecitare una Sua concreta iniziativa in
risposta alla proposta delle associazioni ed alle attese delle
famiglie dei lavoratori dei petrolchimici pugliesi, attraverso la
richiesta delle basi di dati all’Istituto Superiore di Sanità in modo
che possano essere rianalizzate dall’ARPA Puglia e dalle Unità di
Epidemiologia delle ASL interessate secondo i criteri accennati.

Certo di un suo positivo riscontro, porgo distinti saluti


sabato 15 agosto 2009

CHI DIFENDERA’ IL MALATO DALLA MEDICINA?


L’abbondante cronaca giudiziaria di questi mesi estivi vede la Puglia teatro di numerose vicende di corruzione politica e gestionale interessanti il vasto campo della sanità e dei rifiuti. Nei confronti delle indiscrezioni emerse, attraverso la pubblicazione di stralci di intercettazioni e delle relative ricostruzioni di intrecci politico affaristici, si sono levate veementi le difese degli interessati o di chi, a diverso titolo, si è sentito o è stato mediaticamente e politicamente coinvolto nonché le difese o gli attacchi dei commentatori.
Dal dibattito sviluppatosi intorno alle tristi vicende di cui le indagini si sono interessate non è sinora emersa una difesa altrettanto energica dell’interesse maggiormente colpito dai fatti descritti dagli organi di informazione e cioè quello dei cittadini ed in particolare quello dei cittadini ammalati. Si sa, quelli degli ammalati sono, al di là della retorica dei paladini di turno, interessi molto deboli a confronto di quelli delle professioni sanitarie, dell’industria biomedica e della classe politica. L’ordine di elencazione non è casuale ma corrisponde a quella che riteniamo la rispettiva capacità di condizionamento da parte dei tre poteri sul servizio sanitario pubblico, almeno su quel che rimane di veramente pubblico di questo patrimonio comune. Ma proprio tale debolezza ci preoccupa giacché ci pare anche esaurita la stagione dei movimenti di tutela dei diritti del malato, i quali, assorbiti come sono stati in ben strutturati e legiferati organismi istituzionali, hanno ridotto il loro ruolo di critica ad aspetti logistico-organizzativi che per nulla intaccano il nucleo storico del problema della tutela della salute, il quale è un nucleo tutto esprimibile in rapporti di potere tra gli attori del sistema sanitario e che, per semplicità e per chiarezza, possiamo indicare anche nel rapporto tra la medicina ed il potere.
Per non rimanere nel pur sempre necessario carattere generico delle analisi, cercheremo di entrare nel merito facendo riferimento a fatti concreti come le “protesi fetenti” che abbiamo appreso essere state impiantate in inconsapevoli pazienti chissà per quanto tempo ed in quale quantità. Fenomeno portato a conoscenza dell’opinione pubblica pugliese in queste settimane ma scoperto anche in Lombardia lo scorso anno in una struttura privata, peraltro appartenente ad un gruppo sanitario religioso che si appresta ad operare anche in Terra d’Otranto. A dimostrazione che la difesa del malato da suprusi e raggiri non è solo questione di gestione pubblica o privata né crediamo che sia una questione imputabile solo a comportamenti criminali di singoli. Se la medicina risponde ai comandi dell’industria e la politica non sa piegarla agli interessi della gente che dovrebbe rappresentare, per l’ammalato non c’è scampo, subirà interventi sanitari dettati da interessi a lui estranei. Né risulteranno risolutivi provvedimenti di contenimento di spesa quali soli sono stati sinora proposti dagli addetti ai lavori.
Lo stesso ragionamento vale per la prevenzione, quella vera, quella cioè che previene le malattie. Se la medicina sarà sospinta dai finanziamenti industriali solo a curare ed il potere politico non finanzierà la ricerca per prevenire, avremo sempre più ammalati e sempre più cure, non importa se di incerta efficacia.
Si pensi inoltre all’esplosione del ricorso alla diagnostica radiologica con radiazioni ionizzanti pur in presenza di una altrettanto efficace diagnostica non ionizzante e, quindi, non cancerogena. Il cittadino avrebbe diritto ad una migliore informazione. Invece anche ai sani si propongono pacchetti diagnostici di dubbia utilità e di probabile nocività nell’indifferenza o nell’ignoranza delle autorità sanitarie.
E allora chi aiuterà il povero ammalato? Esiste una qualche possibilità che la scienza medica si metta ad esclusivo servizio dei suoi interessi come quello di non ammalarsi per cause esogene rimuovibili e di ricevere solo le cure assolutamente necessarie ed efficaci? Risulta evidente il conflitto tra l’interesse del cittadino e della collettività e quello della medicina, nella sua prevalente e storica rappresentazione. Né si può ritenere che i rapporti di forza potranno essere capovolti all’interno di un incontro individuale che persino gli arredi di ambulatori e reparti significano nella sua cruda dimensione: il malato disteso, il medico in piedi. Dovrebbe essere la politica a piegare la medicina al servizio della collettività ma di questo non vediamo traccia nè nei discorsi nè nei comportamenti attuali.
Dovranno, in definitiva, i cittadini stessi assumere questo irrisolto problema politico e difendersi dalla medicina e non banalmente dalla “malamedicina”, scorciatoia mediatica quest’ultima per nascondere i sopraccennati conflitti di interesse. I rapporti di forza attuali nella società non fanno sperare in una riemersione degli interessi dei cittadini più indifesi nei confronti della medicina. È possibile tuttavia che questo problema trovi in un prossimo futuro la sua sede naturale nei movimenti spontanei che, pur senza i riflettori dell’informazione, stanno seriamente operando al Sud, come anche in Puglia, sui temi delle discariche, della invasione eolico-solare, delle centrali a biomasse, del carbone e degli inquinanti ambientali, a condizione che ne comprendano la strettissima affinità con le loro lotte.