venerdì 1 luglio 2011

LA COMUNICAZIONE PROFONDA COME IL MODO DI ESSERE DELLA SANITA'


Quando mi è giunto tra le mani il libro di Francesco Calamo Specchia (Comunicazione profonda in Sanità. Senso, verità, desiderio, Maggioli Ed 2011, pp 323, €29,00) ho pensato si trattasse di un altro libro sulle tecniche di comunicazione applicate al mondo sanitario. Presto ho dovuto ricredermi perchè si tratta di un libro “altro” rispetto alla diffusissima manualistica sul tema. Non spiega infatti come fare comunicazione ma come essere comunicativi e, in definitiva, come essere e basta, come vivere la missione di professionista in soccorso del malato.

Calamo Specchia è professore associato di Igiene all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dove insegna Organizzazione e Programmazione dei Servizi Sanitari. Ostunese di nascita, trascorre nella nostra terra molto del tempo in cui non è impegnato in università o nelle attività di formazione in giro per l'Italia, approfondendo il suo ormai ventennale argomento di studio, la comunicazione in sanità.

Un libro opportuno e tempestivo nella Puglia (l'Italia) dalla sanità malata, criticata, insoddisfacente alla quale continuano a proporsi risposte provvidenziali e tecnocratiche. Perchè la comunicazione è l'essenza stessa di una organizzazione a servizio della salute e quindi “non si definisce ma si fa”. “Non la capacità di maneggiare strumenti (come qualche chierico cerca di far credere, ndr) ma saper rispondere ad una domanda di senso”.

Tutti i soggetti dell'organizzazione operano comunicando e comunicano perchè (se) operano, altrimenti non fanno il loro lavoro finalizzato alla salute, fanno altro anche se credono di comunicare. Forse a volte faranno propaganda o slogans. La comunicazione si fa in due, non da un io a un tu, ma da “un membro del noi ad un altro”. Ma le nostre ASL si preoccupano di fare sentire un “noi” quello che chiamiamo utente? Quanto si adoperano i custodi del servizio sanitario per fornire una immagine gradevole, amichevole, disponibile verso i cittadini? Solo in una relazione di reciproco riconoscimento, di simpatia, di attrazione si situa la comunicazione profonda a cui è dedicato il libro. “La ASL non deve modificare secondo i propri obiettivi l'atteggiamento degli acquirenti utilizzando seduzioni percettive ma deve utilizzare seduzioni percettive per favorire l'apertura di una relazione comunicativa profonda”.

Calamo Specchia mette in guardia dai pericoli provenienti da “Aziendalia” e dal Globish dei tecnocrati esperti di efficienza, esalta il tempo (molto) necessario per una relazione profonda, richiama il ruolo di tutti nella comunicazione vera, dal Capo all'Operatore Socio-Sanitario, anche (soprattutto) di quello impegnato a sostenere lo stipite del bagno che alla richiesta di un bicchier d'acqua da parte di un malato barellato (il nostro autore in un pronto soccorso) risponde “non sono di questo reparto”.

Se è tutta l'organizzazione che deve saper comunicare in maniera profonda e non qualche suo operatore, alcuni ruoli che in questi anni sono stati invocati quando assenti ed esaltati quando presenti quali modelli di comunicazione, ricevono da questa analisi un duro e consequenziale colpo: il Tribunale per i diritti del Malato e gli URP.

Al di là di suoi intenti e delle sue attività, “tribunale” - le parole sono pietre!- è un termine che richiama inevitabilmente alla mente un contesto di grave conflittualità... presuppone “in sè” necessariamente che i diritti siano abitualmente e dolosamente conculcati; e più che alla partecipazione dei cittadini ad un intervento pubblico, fa pensare alla lotta delle associazioni dei consumatori contro le aziende private truffaldine...”

L'esistenza di un apposito ufficio per la relazione fa intendere che relazione possa essere comunque una questione riservata a specialisti “mentre servono strutture attive come metaforici laboratori di scrittura comune con pazienti, parenti, utenti di “manuali di montaggio” dei servizi, più che non come distributori di istruzioni per l’uso preconfezionate”.

Una forte strategia di promozione non strumentale che in un servizio pubblico non può che essere fondata su un rilancio appunto dell’essere pubblico del servizio; come quella centralità delle esigenze del cittadino (e non dei servizi) nell’accoglienza diffusa che gli viene riservata nei servizi stessi, e quella necessità di un riferimento costante ai pareri e agli orientamenti degli utenti e della popolazione generale nella programmazione e valutazione degli interventi, che devono essere garantite dall’azione dei dirigenti sanitari.”

Insomma un libro impegnativo, non divulgativo, che parla al cuore ed alla mente di quanti credono ancora che valga la pena battersi per difendere la funzione pubblica del servizio sanitario dalla deriva mercantile e corporativistica che lo minaccia.





Utenti online