lunedì 16 settembre 2013

"CHI NON MUORE SI RIVEDE"





"Chi non muore si rivede" (Garzanti) é l'ultimo libro di Alberto Maggi, frate dei Servi di Maria, biblista noto ed apprezzatissimo soprattutto dal pubblico meno allineato con una lettura del Vangelo filtrata dalle esigenze della istituzione religiosa e più interessato alla comprensione originaria, testuale, inquadrata storicamente. E questa comprensione Maggi ha approfondito e divulgato per tutti gli anni del suo ministero richiamando al Vangelo quanti se ne erano allontanati a causa di una lettura devozionistica e - come egli stesso ripete spesso - "listata a lutto".
Il 9 aprile 2012 un evento sconvolge la sua esistenza ed i suoi programmi: una grave dissecazione aortica mette in pericolo la sua vita. Oltre due mesi di terapia intensiva e tre interventi lo restituiscono alla sua missione. Ma la malattia gravissima che lo ha colpito diventa una occasione per singolari relazioni con l'equipe sanitaria, gli amici, i parenti, i visitatori, i preti e tutti coloro che sono andati a trovarlo. Il titolo del libro non é altro che il saluto di Maggi al suo ingresso in sala operatoria all'equipe sanitaria perplessa ma incoraggiata dalla fiducia rilasciata.
Ma chi pensasse al solito libro che racconta l'avventura a lieto fine di un malato grave si sbaglia. C'é di certo la "malattia in prima persona" di focaultiana memoria che manca alla percezione dei medici, ma c'é una personale esperienza con la morte, il morire come rinascita, come attaccamento alla vita, non quella biologica, ma la "Zoe" la vita indistruttibile che dentro ciascuno. 
Nel libro accanto alla cronaca spesso satirica delle giornate in terapia intensiva si aprono pagine di approfondimento umano, esistenziale, religioso dei grandi temi della vita, la malattia, la debolezza, la morte fisica, la vita che non muore, senza semplificazioni  e vani ottimismi. La comprensibile gratitudine verso l'equipe medica che lo ha salvato non gli impedisce di cogliere quando ci sono comportamenti scortesi e inumani. Ma la serenità e la fiducia nel bene affascina anche gli operatori che lo assistono ed il box 6 della terapia intensiva diventa un luogo terapeutico per infermieri e medici che vogliono comprendere le ragioni di tanta serenità. Il malato diventa così contagioso!
Belle le pagine sulla mamma deceduta un mese dopo il suo ricovero, "maggiolina" la chiama e ne ripercorre le tappe che hanno dato impulso alla sua vita di prete pur essendo lei una non credente. E quella di parlare ai non credenti é una preoccupazione costante del ministero di Maggi. Nelle pagine autobiografiche del libro vi sono numerose tracce. Ritorna anche qui il messaggio costante della predicazione sua - e del suo compagno di convento e di studi  Ricardo Perez Marquez - e cioè che il vangelo si capisce vivendolo e che il vangelo é sempre per la felicità dell'uomo. "Un eretico in corsia" doveva essere originariamente il titolo  del libro. Sì perché Maggi é considerato ingiustificatamente un eretico da certa gerarchia che vuole i fedeli sempre sotto il peso del peccato, della penitenza, della tristezza.


Ho cominciato a leggere le omelie di Alberto Maggi sette anni fa su un blog che non era il suo ma quello di don Vitaliano Della casa. Non sapevo chi fosse ma quelle letture mi convincevano molto. Poi ho scoperto i video settimanali di esegesi del vangelo della domenica su Youtube che mi sono stati di conforto per affrontare le inascoltabili prediche domenicali della mia città. Ho cominciato a leggere i suoi libri di esegesi popolare dei Vangeli e dell'Apocalisse (Perez) e ho ripreso confidenza con i testi evangelici. In streaming ho seguito gli incontri domenicali di Montefano: 200 persone in sala e 100 in collegamento. Due amici sono andati con Ricardo e Alberto in Terra Santa e sono tornati ammaliati da questa esegesi corretta ma anche anti-religiosa.
All'inizio di settembre sono andato con mia moglie, non credente, al 21o incontro biblico di Maggi e Perez ad Assisi. C'erano più di 400 persone da tutto il centro nord soprattutto. Vi erano altri non credenti. Mia moglie é rimasta affascinata da questa lettura  così umana e cosi scientifica del Vangelo.
Ai tempi di Papa Francesco Maggi non é più un eretico. Senza volersi sempre piangere addosso, devo però constatare che al Sud si sente molto la mancanza di una spiritualità così umana ed incarnata.
Prevalgono deviazionismi, superstizioni e spiritualità tutte incentrate sul peccato, il sacrificio, l'espiazione come nel culto di Padre Pio ad esempio.
Ad Assisi Alberto Maggi sapendo che sono un medico mi ha chiesto un feedback  dal mio punto di vista al suo libro. Questa pagina lo é in gran parte. "Quella del medico e dei suoi collaboratori é una vera missione" mi ha detto e lo é soprattutto nei reparti dell'emergenza, aggiungo io. Come lui anche il medico deve dare coraggio, confortare sostenere, tutto quello il malato Alberto ha sperimentato su di sé e che il frate Alberto fa ogni giorno da anni con la divulgazione del suo lavoro di biblista.

lunedì 3 giugno 2013

LA SANITA' MALATA

Vi ricordate del mio libro con lo stesso titolo di questo post? Non pensavo che a 5 anni dalla sua pubblicazione interessasse ancora qualcuno. Chi non l'avesse letto, lo trova ormai solo sul sito dell'editore:  http://www.glocaleditrice.it/record/dettagli.php?id_elemento=764
Una mia recente lettrice mi ha scritto questa interessante email. 
"A proposito del paragrafo: al Sud: ritardi e colonizzazioni, dove ti poni la domanda se la migrazione al Nord sia un problema di finanziamenti e di tecnologie, posso dirti che per quanto riguarda i pazienti, tra i tanti che dal sud e dalla Puglia  venivano a curarsi all'ISTITUTO EUROPEO di ONCOLOGIA, alla mia domanda:perchè siete veniti qui? Mi hanno dato una risposta univoca e lapidaria: "cara dottoressa, siamo venuti qui perchè i medici giù da noi sono sgarbati" "dottoressa, sono venuta qui perchè mi sono sentita trattata con freddezza e con noncuranza dal medico a cui mi ero rivolta, non voglio più ritornarci, preferisco venire qui, siete tutti così gentili...";  "dottoressa cosa viene a fare giù: rimanga qui, giù non si capisce nulla, ti mandano da un posto all'altro e nessuno ti da una risposta chiara" e questi sono solo i commenti di alcuni dei pazienti pugliesi a cui chiedevo curiosamente perchè fossero venuti su a volte solo per terapie radianti sulla mammella!, ma sai qual'è il dato più interessante, per te che leggi, ebbene, è che non mi dicevano nulla di nuovo, perchè da medico  e da donna so cosa significa quel termine MALEDUCAZIONE, che ho vissuto sulla mia pelle, per fortuna per poco tempo,  finchè sono stata al Policlinico di Bari come studentessa prima e poi come tirocinante; sono scappata anche io da un sistema dove se non sei raccomandata dal politico di turno , se non sei la figlia o la parente di qualche medico più o meno importante o ti infili nel letto di qualcuno non vai da nessuna parte; un sistema dove i giovani si rifugiano dietro la solita scusa che non vogliono lasciare la loro terra per non ammettere che non hanno coraggio, che hanno timore di pensare con la loro testa, di curarsi dei loro sogni, giovani per i quali,  la paura di fare la valigia e cercare un mondo migliore è più forte addirittura della prospettiva di soccombere in un sistema che ti fa esistere solo in funzione del potere di un altro. Il dramma è che almeno a quei tempi per i giovani come me era una protezione una consolazione ,evidentemente, lavorare grazie a qualcuno a cui poi devi qualcosa inesorabilmente:un voto... qualcos'altro....la propria libertà!Ti rendi conto?
Questo è un dato di fatto al sud, e in Puglia, o almeno lo era fino a poco tempo fa soprattutto per le donne, vittime di una società patriarcale che ha soffocato a lungo la loro coscienza, ha mortificato il loro femminile ( la stessa bellezza è quasi una colpa ancora in certi luoghi), a cominciare dalla famiglia per finire nei luoghi di lavoro (e chi se ne frega se abbiamo i trulli e Polignano a mare.....) 
Ecco perchè gli ambulatori oncologici a Milano sono frequentati per il 70%da meridionali e perchè molti giovani vanno a lavorare al Nord."

venerdì 12 aprile 2013

SANITA': IL RITO DEL CAPRO ESPIATORIO

Nel marzo 2011 ( si vede che la primavera è tempo di tempeste ormonali anche per la sanità!) la Puglia fu attraversata da una gran voglia di cambiare i direttori generali delle ASL. Circa quella inutile proposta così ebbi a commentare: “Qualche settimana fa una seconda bufera giudiziaria si è abbattuta sulla sanità pugliese….La lettura degli atti giudiziari non sarà edificante ma è sicuramente istruttiva. Preoccupato dalla “nudità” in cui questa disponibilissima lettura ha posto le attuali forze di governo, il maggiore partito della coalizione ha “unanimemente” chiesto due cose: l'azzeramento dei vertici delle asl (alias direttori generali) e il loro reclutamento per “concorso”. Se fossero sinceramente orientate ad ottenere un concreto cambiamento della situazione, le due proposte sarebbero perfettamente inutili. Nel primo caso si tratterebbe di cambiare i burattini lasciando lo stesso burattinaio. D'altronde non è pensabile che il burattinaio si suicidi….Se il comando rimane sempre in mano alla politica, a che serve cambiare i direttori generali?” E’ davvero ridicolo e drammatico al tempo stesso vedere che ad attaccare un direttore generale, oggi come ieri, siano gli stessi che lo hanno nominato o che hanno preteso da lui soluzioni “particolari” con alterne fortune. Certamente i cittadini pugliesi e brindisini non sono contenti della loro sanità, lo dicono recenti studi di economia sanitaria , lo dicono i cittadini stessi, basta ascoltarli per le strade. Ma i direttori generali non ne hanno alcuna colpa, sono le politiche in atto che determinano un sistema inefficiente (con pseudo ospedali inutili ancora aperti per alimentare il clientelismo) e impermeabile a quanti non possono pagare di tasca propria per via dell’equivoco della libera professione. Se continueremo a tenere aperti simulacri di ospedali, a pochi chilometri di distanza tra loro, non ne avremo mai uno efficiente, dotato di tutte le specialità che necessitano e che funzioni 24 ore al giorno. Se non ci sarà un unico modo per accedere alle prestazioni sanitarie, non vi sarà mai giustizia. Emergency sta aprendo ambulatori per indigenti in Italia dove il 20% dell’utenza è italiana. Una vergogna per un paese che spreca denari in corruzione (vedi i costi degli scandali per protesi e delle farmatruffe). Rimane poi la questione del ‘concorsone’. Prima i manager erano impreparati tanto che serviva un super-corso per selezionarli, ma adesso che vengono fuori dal concorsone ‘rivoluzionario’ (così lo definisce Vendola) non vanno bene ugualmente. Nella storia è sempre servito un capro espiatorio, un parafulmine della violenza. Lo ammazzeranno, ma i loro peccati non saranno perdonati!

domenica 17 marzo 2013

SANITA':SEMPRE DUE ITALIE!

L’VIII Rapporto-Sanità CEIS pubblicato nel 2012 si intitola “Opzioni di Welfare ed integrazione delle politiche”. Il rapporto “incrocia” alcuni indicatori socio-economici con indicatori di performance dei servizi sanitari. Gli indicatori socio-economici sono tre: il capitale umano, il capitale sociale e la deprivazione. Con capitale umano ”si vuole rappresentare le risorse ‘non finanziarie’ a disposizione degli individui. Le componenti principali che determinano il capitale umano sono oggi individuate nell’istruzione e nell’informazione.” Gli indicatori assunti sono: persone di 3 anni e più che usano il personal computer; persone di 6 anni e più che usano Internet; dottorato, laurea e diploma universitario; diploma di scuola secondaria superiore; persone di 6 anni e più che leggono quotidiani almeno una volta alla settimana; persone di 6 anni e più che hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi. Le regioni italiane con gli indici peggiori in ordine crescente , cioè dalla peggiore in su, per il capitale umano sono: Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Calabria, lazio, Molise, marche, Sardegna, Umbria. Le altre hanno valori positivi. Per capitale sociale è un’ “espressione .... usata da studiosi della società, della politica e dell’economia per designare in modo sintetico una varietà di fenomeni che influenzano sia la qualità del nostro vivere associato, sia il benessere degli individui, sia l’efficienza del mercato. Non è possibile individuare una definizione univocamente accettata di capitale sociale. Nei diversi ambiti in cui il concetto ha trovato applicazione esso ha assunto accezioni diverse che presentano, però, un elemento comune: il capitale sociale è una risorsa fondata sull’esistenza non di risorse strettamente personali, quanto di un qualche tipo di relazioni e/o di norme sociali.” Gli indicatori valutati sono: persone di 14 anni e più che negli ultimi 12 mesi hanno svolto una riunione in associazioni culturali, eccetera almeno una volta l’anno; persone di 14 anni e più che parlano di politica tutti i giorni; persone di 14 anni e più che negli ultimi 12 mesi hanno svolto un’attività gratuita per associazioni volontariato; persone di 3 anni e più che praticano sport in modo continuativo; persone di 14 anni e più molto soddisfatte, per l’anno scorso, del tempo libero; persone di 14 anni e più molto soddisfatte, per l’anno scorso, delle loro relazioni familiari; persone di 14 anni e più molto soddisfatte, per l’anno scorso, delle relazioni con amici. Se si considera il capitale sociale la classifica inversa segue il seguente ordine: Basilicata, Campania, Puglia, Sicilia, Calabria, Molise, Liguria, Abruzzo, Umbria. Un altro indicatore è la deprivazione acquisita “Gli indici di deprivazione sono strumenti utili anche a fornire una misurazione del fabbisogno di un determinato ambito territoriale/regionale, indicando uno stato di svantaggio in relazione alle condizioni di vita della comunità, alle quali un individuo, una famiglia o un gruppo appartengono. Sintetizzando le caratteristiche socio-economiche a livello regionale, gli indici di deprivazione rilevano lo “svantaggio” inteso nelle sue diverse dimensioni, su base aggregata. Tali misure inoltre, esprimono e rispecchiano le condizioni di vita, seppure approssimativamente, sia in termini di disagio economico-materiale, sia in termini di svantaggio culturale, sociale e di classe. Evidentemente nella deprivazione possono rientrare elementi di carenza del capitale umano e sociale: nel presente contributo si è, quindi, circoscritto il concetto (per evitare sovrapposizioni con gli indicatori di capitale umano e sociale sopra descritti) alla deprivazione materiale “acquisita”, utilizzando i seguenti indicatori: tasso di disoccupazione (15 anni e più); licenza elementare, nessun titolo di studio; indice di dipendenza degli anziani; nuclei familiari ; monogenitori; indice di affollamento medio nelle abitazioni; tasso di disabilità 6 anni e più; incidenza delle famiglie povere.” Per la deprivazione acquisita: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna, Basilicata, Lazio, Molise, Abruzzo. Il rapporto inoltre prende in considerazione il finanziamento del SSN e rileva che “i risultati di esercizio pro-capite cumulati negli ultimi due quinquenni, nel periodo 2006-2010 a livello nazionale si registra una diminuzione: € 271 di disavanzo pro-capite, contro gli € 340 del quinquennio 2001-2005”. Anche il Sud e le Isole, complessivamente assunte, migliorano il risultato pro-capite, da € -461 a € -383 ma peggiorano la Puglia (da € -95 a € -306), Basilicata (da € - 138 a € -202) e Molise (da € - 625 a € -924). Il rapporto precisa a questo riguardo “Al 2010 sono dieci le Regioni che hanno sottoscritto un piano di rientro dal disavanzo: nel 2007 lo hanno stipulato Lazio, Abruzzo, Liguria (che nel 2010 è riuscita a chiuderlo, accedendo così a finanziamenti aggiuntivi), Campania, Molise, Sicilia e Sardegna; nel 2009 si è aggiunta la Calabria e nel 2010 il Piemonte e la Puglia. Considerando la sola gestione ordinaria, nel 2010 queste Regioni sono tra quelle che hanno maggiormente ridotto il proprio disavanzo rispetto all’anno precedente, anche se è aumentata la concentrazione: le Regioni in Piano di rientro nel 2010 hanno accumulato oltre il 93% del disavanzo totale, calcolato senza tener conto delle Regioni in avanzo (tra cui la Calabria, purdovendo precisare che ci sono ancora delle verifiche in corso sui conti). Se si considerano solo le 5 Regioni con maggior disavanzo nel 2010 (Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Liguria), in esse si concentra l’85% della perdita di esercizio nazionale. Se si considera anche la gestione straordinaria, la percentuale sale all’89%.” Nel 2010 i conti delle regioni in ‘piano di rientro’ peggiorano, rispetto al 2009, in Puglia del 9.1%, in Basilicata del 6.2%, in Sardegna del 2.5%. Circa l’impoverimento nel 2009, le regioni che figurano in ordine decrescente sono Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Puglia. Nel 2007 le ragioni con minore indice di soddisfazione della popolazione per il proprio SSR sono dall’ultima in classifica a salire Puglia, Sicilia, Campania, Sardegna, Molise, Calabria, Lazio. Tenendo conto della spesa pubblica pro-capite il rapporto osserva “Le Regioni in cui la spesa appare meno giustificata in termini di soddisfazione dei cittadini sono il Molise, il Lazio e la Puglia; viceversa la spesa appare particolarmente “value for money” in Veneto, in Umbria e nelle Marche” Il quadro che emerge è quello di un Paese nettamente diviso in due, con gravi ritardi nel Sud difficilmente imputabili alle minori risorse assegnate dal momento, come si ebbe a dire in un’analisi recente (http://salutepubblica.net/news/86-dieci-anni-di-sanita-in-puglia-alcuni-dati.html), le risorse al Sud sono in proporzione superiori al PIL prodott. Appare anche preoccupante il dato secondo cui la spesa pro-capite al Sud non si traduce in un gradimento dei cittadini verso il SSR. Se un limite si può riconoscere all’analisi, è quello della valutazione delle performance di bilancio come indicatore principale anche se il rapporto prende in considerazione altri parametri non solo economici. Il Sud sembra indietro non solo nella gestione dei conti ma anche nel gradimento del SSR, nella formazione e informazione della popolazione, nella qualità delle sue relazioni e nel grado di impoverimento. Mancano indicatori di salute più specifici ma il quadro socio-economico che se ricava non è comunque confortante.

sabato 12 gennaio 2013

MA IN PUGLIA LA SANITA' E' DAVVERO MIGLIORATA?

I dati ISTAT del 2007 permettono di rilevare alcune caratteristiche nel nostro sistema sanitario regionale.Il numero di medici e ancor più quello di infermieri per 100 posti letto è inferiore in Puglia sia al resto dell'Italia meridionale che al resto d'Italia complessivamente. Si tratta di un dato non nuovo che avevamo rilevato qualche anno fa Infatti il Rapporto CEIS del 2008 scriveva: "Nella sanità pubblica lavorano 657 mila dipendenti, 11 per 1.000 abitanti, 17,8 a Bolzano, 8,9 nel Lazio, 9,3 in Puglia (dati 2006). Il personale in Italia dal 2000 al 2005 è aumentato dello 0,5%, maggiormente nel settore amministrativo. È diminuito in Lombardia (1,1%), Friuli (0,4%), Puglia (1,4%). In queste tre regioni la perdita non ha riguardato i medici che sono invece aumentati. La carenza di tecnologie rimane la malattia del sud e con essa la preferenza per le figure professionali elevate mentre restano carenti le figure che contribuiscono in modo determinante alla qualità dell’assistenza, cioè il personale infermieristico (infermieri, fisioterapisti, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, ostetriche, ecc..) e gli Operatori Socio Sanitari." Anche nel rapporto CEIS del 2007 si rinviene lo stesso trend :"Dal 2000 al 2005 in Italia il personale del SSN è cresciuto del 2%, 9.7 % quello medico e 0.46 quello infermieristico. In Puglia è diminuito del 6.8%, quello medico è cresciuto del 6.8%, quello infermieristico è diminuito del 5.5%" Ciò avviene mentre il tasso di ospedalizzazione rimane molto elevato sia rispetto al Sud che al resto dell'Italia. Sebbene la Puglia sia riuscita a sottrarsi al Commissariamento governativo per il debito del bilancio sanitario, la cura del Piano di Rientro, consistente essenzialmente nel blocco del turnover e nel taglio dei posti letto, produrrà i suoi effetti sul piano contabile ma difficilmente sul piano della qualità e dell'attrattività del sistema. La sproporzione tra medici ed infermieri è sintomatico di una gestione tendente a blandire i settori socialmente più elevati di questo macrosettore, ovviamente a fini clientelari. Le procedure assuntive dei medici sono più rapide di quelle degli infermieri ai cui concorsi si presentano migliaia di operatori. Concorsi di tal tipo hanno avuto in Puglia durata anche di 10 anni! Scorrendo i bilanci 2012 delle ASL si osserva che mentre il costo del personale dipendente è diminuito per via del blocco del turnover, i costi della Medicina Generale, essenzialmente gli emolumenti ai medici di famiglia, sono aumentati senza che questo abbia prodotto la riduzione del ricorso all'ospedale. Anche questo rientra nelle gestioni orientate più al consenso dei ceti abbienti che agli interessi dei cittadini ammalati.

martedì 1 gennaio 2013

ALLE ARMI I SOLDI PER LA SANITA'

Il primo giorno dell'anno mi è capitata una lettura spiacevole. La notizia, commentata da Padre Alex @Zanotelli su @manifestiamo.eu, che il 10 dicembre il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge delega di riforma delle Forze Armate. Ne riporto un ampio stralcio. "La Destra ha votato compatta a favore, nonostante avesse appena sfiduciato il governo. Il PD, nonostante alcune voci contrarie, ha pure votato a favore. Unico partito contrario: IDV. Un amaro regalo di Natale questo che il governo Monti ci lascia prima di dimettersi. Un regalo alla casta dei militari, alla lobby dei mercanti di morte. La riforma infatti ci costerà nei prossimi dieci anni, l’astonomica cifra di 230 miliardi di euro! La Legge autorizza le Forze Armate a riorganizzarsi in proprio in dodici mesi con una delega, per ora in bianco. Inoltre questa Legge prevede un taglio di 43 mila addetti sia militari come civili nei prossimi dieci anni. La cosa però che sorprende è che i soldi risparmiati rimangono al Ministero della Difesa per l‘ammodernamento ‘ dell’esercito. Mentre per la Spending Rewiew di Monti, i soldi risparmiati avrebbero dovuto rientrare nel Bilancio dello Stato. Ed invece saranno usati per comperare i nuovi sistemi d’arma. In poche parole il Ministro della Difesa avrà un miliardo di euro in più all’anno da spendere in nuove armi! Inoltre la nuova legge prevede che gli enti locali dovranno rimborsare il Ministero della Difesa per gli interventi di soccorso e prima emergenza come terremoti e alluvioni. Tutto questo avviene mentre la crisi economica lascia senza lavoro centinaia di migliaia di lavoratori e non ci sono soldi per il welfare, per la sanità, per la scuola , per il terzo settore. Assistiamo attoniti al tradimento del governo Monti e dei partiti. E mentre è passata in tutta fretta la Riforma della Difesa (se ne parlava da vent’anni!), non si è fatto nulla per la Riforma della Cooperazione, che è l’altra faccia della medaglia! E questo nonostante che ci sia un ministro cattolico, A. Riccardi, alla Cooperazione Internazionale. (E’ da vent’anni che girano in Parlamento proposte di riforma della Cooperazione internazionale che è ormai ridotta ai minimi termini!). Nel 2000 l’Italia aveva promesso all’ONU che avrebbe versato lo 0,7% del suo PIL per sconfiggere la povertà. L’Italia , all’ultimo posto nella graduatoria, ha disonorato in questi dodici anni gli impegni presi arrivando allo 0,2% del PIL mentre spende il 2% del PIL in armi. Siamo giunti così alla follia di spendere, lo scorso anno, 26 miliardi di euro (dati SIPRI) a cui bisogna aggiungere 15 miliardi di euro per gli F-35. Si tratta di 41 miliardi di euro: una vera e propria manovra! Nessun taglio alle armi, anzi la Difesa avrà un miliardo in più da spendere nell’acquisto di sofisticati strumenti di morte. Mentre il governo Monti ha tagliato fondi alla scuola, alla sanità, al terzo settore. Mi amareggia il silenzio della Conferenza Episcopale Italiana. Altro che ‘pace in terra agli uomini di buona volontà’ che è il cuore del messaggio natalizio."