giovedì 12 agosto 2010

DALLA FLORIDA UN ESEMPIO PER BRINDISI. LA COMUNITA' DI PERRY BLOCCA LA COSTRUZIONE DI UNA CENTRALE A CARBONE.

Perry è una piccola comunità di quasi 7000 abitanti nella Contea di Terry, in Florida, USA. Affacciata sul Golfo del Messico è ricca di laghi e di foreste. Piccola, dicevamo, ma non debole quanto a capacità critica. Quando le hanno proposto di costruire una centrale a carbone da 800 MW, la notizia ha provocato una “preoccupazione significativa perchè Perry è una comunità con problemi di giustizia ambientale (una comunità sproporzionatamente toccata da rischi ambientali e che di conseguenza soffre di problemi sanitari e ambientali connessi con quei rischi)”. Ma guarda, il mondo è davvero piccolo!

I tassi per alcune patologie nella Contea d Taylor si attestano nel quarto quartile (cioè sono trai più elevati) per morti da tumore del polmone, incidenza di tumori al polmone, ricoveri per malattie respiratorie croniche, morti per ictus, ricoveri per ictus, morti per attacchi cardiaci, ricoveri per scompenso cardiaco congestizio, morti e ricoveri per diabete. “Tutti questi effetti avversi per la salute sono accentuati dal particolato delle emissioni in atmosfera e da contaminanti come idrocarburi, mercurio, diossido di zolfo, ossido di azoto, polveri sottili e CO2 emesse da un impianto che brucia carbone”.

Sulla base di questa preoccupazione la piccola comunità di Perry (piccola ma non stupida) si attiva e con il sostegno economico dell'Agency for Toxic Substances and Disease Registry, nasce il Taylor County No Coal Coalition (TCNCC) composto dalle associazioni locali (Taylor Residents United for the Environment ,TRUE) dalla Florida Agricultural and Mechanical University (FAMU) e la WildLaw (uno studio legale). La compagine studia le condizioni socio-economiche e sanitarie della zona e le modalità di produzione dell'energia. Sviluppa un dossier che alla fine mette in evidenza come i danni sarebbero maggiori dei benefici.. Ma ciò che colpisce nel dossier, peraltro pubblicato su una rivista della John Hopkins University, la prestigiosa università medica di Baltimora (USA), è che esistono tre modi di bruciare carbone e che il meno pericoloso non era incluso nel progetto: il ciclo combinato con gasificazione integrata. Un metodo di combustione del carbone molto pulito che converte il carbone in gas dopo averne estratto lo zolfo. La gasificazione del carbone permette anche di risparmiare il 15% del combustibile e di migliorare l'efficienza del 12%. Anche 500 medici hanno dichiarato la loro contrarietà alla costruzione della centrale per non aggravare le condizioni sanitarie della popolazione.
Per farla breve, di fronte alle evidenze scientifiche prodotte, neppure le autorità locali hanno potuto autorizzare la centrale. Allo stato (maggio 2010) il permesso alla costruzione della centrale di Perry è stato ritirato.

La favola insegna che 1) le agenzie della conoscenza (tra cui le università) non sempre si mettono a servizio di chi paga la commessa di ricerca, ma anche di chi le sostiene ordinariamente con le tasse, cioè i cittadini 2) spesso le autorità locali non conoscono i processi produttivi che autorizzano e le alternative tecnologiche disponibili.
Sono molte se similitudini tra Brindisi e Perry.. Anche qui l'Ordine dei Medici della Provincia di Brindisi si è espresso contro l'uso del carbone, proprio per la situazione sanitaria che qui si registra. Anche qui si registra un eccesso di malattie aggravate dai rischi ambientali.
Sorge spontanea una domanda: cosa sanno Comune, Provincia e Regione, che andranno prima o poi a firmare le convenzioni con le società elettriche e che dalle stesse accettano sponsorizzazioni di vari eventi, sullo stato di salute della popolazione brindisina, sugli effetti di 40 anni di combustione nella nostra città, sulle alternative tecnologiche disponibili?

venerdì 6 agosto 2010

ANCHE IL CIGNO FA LA CACCA


Non trovo disdicevole che Enel organizzi concerti per promuovere la sua immagine. È un’impresa e fa il suo mestiere. I concerti dell’Enel sono però un’ ottima occasione per far salire alla ribalta le preoccupazioni dei cittadini rispetto all’uso del carbone, che grazie al gruppo di “Noalcarbone”, dall’edizione dello scorso anno, hanno la possibilità di essere espresse con una evidenza mediatica pari a quella riservata all’evento musicale di questa sera.
Nelle scorse settimane si è dato rilievo alla comunicazione fatta dall’Arpa di Brindisi ai presidenti delle province pugliesi che le centraline di rilevamento della qualità dell’aria, site nel nostro territorio, riportano valori nei limiti di legge. Il presidente di Confindustria ha quindi concluso che finalmente “l’anatroccolo nero è diventato un cigno”.
In realtà se le centraline superassero i limiti di legge ci sarebbe una intossicazione di massa. I limiti delle centraline mettono al riparo da effetti gravi ed immediati. Non mettono al riparo da effetti gravi ed a lungo termine come i tumori, le malattie da metalli pesanti, le tiroiditi, le malattie respiratorie dei bambini, i nati di basso peso, tutti effetti sanitari che in ogni parte del mondo si riscontrano con maggior frequenza intorno alle centrali a carbone. L’uso del carbone è conveniente per le aziende elettriche ma non per le popolazioni che risiedono vicino alle centrali. Penso soprattutto alla centrale Brindisi Nord che è incredibilmente dentro la città. I costi che l’azienda elettrica risparmia sono pagati all’esterno e si chiamano costi esterni. Qualcuno, come l’Università di Harvard a Boston, ha messo in piedi delle formule per calcolarli. In altri termini, anche il cigno, per quanto più bello dell’anatrocollo, fa la cacca!
Gli studi sulla salute della popolazione brindisina sono pochi ma ci sono. La mortalità è più alta che nelle zone vicine. In soldoni, negli ultimi decenni ci sono stati circa 30 morti in più all’anno rispetto a quelli attesi se avessimo rispettato la stessa tendenza delle altre zone della regione. Inoltre proprio qualche settimana fa tre ricercatori, uno dell’Arpa e due di istituti del CNR di Lecce, hanno presentato un interessante studio condotto proprio sui dati di Brindisi che dimostra come certi tipi di ricoveri e di decessi aumentino quando si innalza, all’interno di quei limiti di legge che sono rispettati, la concentrazione di alcuni inquinanti. Quindi anche i cosiddetti limiti di legge non sono poi così sicuri nel breve periodo e la combustione del carbone partecipa a questi innalzamenti.
Non pretendo certo che Enel si metta ad organizzare grandi eventi per raccontare queste cose o che finanzi studi per rilevare anche a Brindisi le malattie che in tutto il mondo, senza infingimenti e senza paure, si rilevano intorno alle centrali a carbone. Questo sarebbe invece compito di Comune, Provincia e Regione e dei loro organi tecnici. Ma neppure loro si muovono.
Per questo stasera sarò vicino a quanti manifesteranno davanti ai cancelli della centrale di Cerano, non contro Enel ma contro la combustione del carbone a Brindisi e l’immobilismo degli enti locali nella ricerca dei suoi effetti sui cittadini di questa città e nella pretesa di differenti combustibili.