sabato 1 dicembre 2012

NELLE BRACCIA DEL MOSTRO

Sono trascorsi più di trenta anni, quella sera di dicembre sotto la pioggia il tassista sfrecciava verso la stazione Termini. Ero contentissimo, avevo appena superato il primo esame di medicina e tornavo a casa per Natale. Dopo qualche domanda esplorativa il tassista sbottò: "Ma tanto voi dottori, si sa, alla fine ve fate tutti la villa al mare e pensate solo ai sordi". Certo, avevo scelto quella strada perché era una professione prestigiosa, si diceva, ma ero anche animato da tanta voglia di fare del bene al prossimo. Mi sono laureato esattamente 27 anni fa. Da alcuni anni non andavo più per convegni e congressi medici. Un senso di stanchezza mi aveva attanagliato sul versante dell'aggiornamento. Pensavo che una buona lettura ed una ricerca su Internet valesse molto di più ai fini pratici e lo penso ancora. Ma i punti, quelli dell'ECM obbligatorio, mi hanno risospinto nella schiera dei forzati degli incontri di aggiornamento. Non vi è relazione che non parli di "medicina difensiva" o si sforzi di dimostrare che quel che si propone "fa risparmiare". "Cosa ci protegge di più dai pazienti che reclamano un risarcimento, le linee guida o il consenso informato ben fatto? Il sistema non si regge più economicamente, bisogna cercare soluzioni efficaci basate sulle evidenze, tutto ciò che non corrisponde a questi requisiti non deve essere praticato. ". Sembra di ascoltare i politici in questi tempi di tracollo economico degli Stati che dopo aver provocato il disastro parlano dei rimedi come se si stiano affaciando per la prima volta nell'agone. E mentre si discute di tutto ciò, si affiancano relazioni pagate dall'industria per presentare esperienze condotte su ritrovati tecnologi tanto costosi quanto di non provata utilità. Siamo nelle braccia del mostro, il dio denaro: prima abbiamo fatto strame del bene comune sanità, adesso la crisi ci rivolta contro i pazienti. Anche loro pensano "solo ai sordi". Siamo stati cattivi maestri e ne paghiamo le conseguenze.

martedì 31 luglio 2012

TARANTO: SENZA LE ASSOCIAZIONI, TUTTO COME PRIMA!

Che a Taranto ci fosse una concentrazione pericolosa e dannosa di inquinamento ambientale di origine industriale era cosa nota anche ai profani di chimica ed epidemiologia da decenni. E non solo. Gli studi epidemiologici condotti dall'OMS e da altre istituzioni nazionali denunciavano una situazione molto critica. Per esempio era già noto dagli anni '80 che anche tra le donne la mortalità per patologie respiratorie a Taranto era superiore all'atteso. Ma come spesso accade, perchè la questione assurgesse agli onori della croncaca e della verità nel modo traumatico del sequestro giudiziario, c'è voluto l'impegno scientifico di Alessandro Marescotti, fondatore un paio di decenni fa della associazione telematica per la pace Peacelink, che sarà pure, come scrive l'ARPA, con una caduta di stile, un "insegnante di materie letterarie in un liceo tarantino", ma che nel 2008 ha fatto quello che nessuna istituzione preposta alla tutela dell'ambiente e della salute aveva mai fatto: l'analisi del pecorino prodotto nei pascoli prossimi all'ILVA con evidenza di concentrazioni di diossina e PCB tre volte superiori ai limiti di legge. A seguito di questa iniziativa la ASL di Taranto abbaterrà 1300 capi di bestiame allevati a ridosso dell'ILVA. A seguito della denuncia degli allevatori sono partite le attività giudiziarie che hanno indotto la Procura della Repubblica a disporre le indagini epidemiologiche su popolazione e lavoratori, anche queste mai condotte fino ad allora in Puglia. Trenta morti in più all'anno attribuibili all'ILVA. Finalmente l'epidemiologia parla un linguaggio comprensibile al popolo! Nel 2010 sempre Peacelink insieme ad un'altra associazione, Altamarea, evidenzia troppa diossina nelle carni di ovini e caprini. Un'ordinanza della Regione Puglia vieta il consumo di fegato degli ovini e caprini cresciuti in un raggio di 20 km dall'area industriale di Taranto. Anche il Consiglio Regionale deve rincorrere le associazioni: è della fine del 2008 la legge regionale che abbassa a 0.4 ng/Nm3 il valore di diossina, ma a marzo 2009 viene modificata, niente controlli in continuo ma solo per tre settimane all'anno e per parte della giornata. Ma il problema purtroppo rimane tutto intero, in quanto la diossina non esce solo dal camino E312, ma attraverso emissioni non convogliate. Nel 2011 il Fondo Antidiossina del prof Fabio Matacchiera (un altro "insegnante") fa analizzare i mitili, le famose "cozze di Taranto". Emergono valori estrememente preoccupanti. La ASL di Taranto vieta il prelievo e la vendita del cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo. I mitili presentano concentrazioni di diossina e PCB superiori ai limiti di legge. Qualche giorno prima del sequestro giudiziario Marescotti divulga i dati di uno studio di ricercatori dell'ARPA che evidenzia un eccesso di piombo nelle urine dei tarantini suscitando la precisazione inopportuna dell'Agenzia. Il resto è cronaca giudiziaria e sindacale. Purtroppo nessuno ha mai solidarizzato con i morti ed i malati di Taranto, nè con le loro famiglie ed i bambini, nè con i lavoratori dell'agricoltura e dell'itticoltura che il posto di lavoro lo hanno già perso.

lunedì 11 giugno 2012

BIOBANCA o BIOTECA?

Mentre anche da noi continuano ad essere replicate le evidenze scientifiche già rilevate in altre parti del mondo, per le quali man mano che ci si avvicina al carbone ed al petrolchimico aumentano una serie di patologie nella popolazione, al contrario non si sente parlare di misure concrete per ridurre le emissioni di polveri e sostanze pericolose. Al contrario si annunciano installazioni di nuovi impianti e reimpieghi di antichi col risultato di incrementare i rischi. Purtroppo il tema della prevenzione del cancro e delle malattie croniche si presta a frequenti fraintendimenti. Si scambia la diagnosi precoce con la prevenzione, sottoporsi a miriadi di esami per scoprire le malattie il più precocemente possibile è la parola d'ordine degli erogatori di prestazioni sanitarie. Ma della vera prevenzione, la prevenzione primaria, nessuno parla, forse perchè non crea profitto per i detentori del potere economico anche se rimane l'unica arma capace di ridurre l'insorgere delle malattie ambientali. Dove l'hanno applicata, come in Svezia, negli anni '70, bandendo l'uso di alcuni pesticidi, i risultati si vedono: sono diminuiti i linfomi e i sarcomi. La vera soluzione e forse l'unica efficace per il momento rimane quella di allontanare dall'uomo le sostanze in grado di provocare cancro e non solo! Recentemente abbiamo appreso che l'Amministrazione Provinciale di Brindisi ha intenzione di stabilire nella Cittadella della Ricerca una biobanca, qualcosa, ha dichiarato il suo Presidente, rispetto alla quale "l'epidemiologia è nulla, qui si potrà conoscere il "come" ed il "perchè", si tratta di un progetto che va 100 volte oltre!" Sempre il Presidente ha affermato che "con il registro tumori conosciamo il "dove" e il "quando" ma solo con la bio-banca potremo finalmente sapere il "come" e il "perchè"". A questo riguardo sarebbe da ricordare l’esperienza del colera a Londra alla metà del 19esimo secolo, quando ancora era all’ordine del giorno la teoria dei miasmi, contestata da John Snow, lo stesso che in quella occasione propose la strategia di contenimento dell’epidemia eliminando la fornitura dell’acqua prelevata dal Tamigi a valle di Londra. La conoscenza del "dove" e "quando", come evidenziati dagli studi epidemiologici, permette l’azione di prevenzione prima ancora della conoscenza del  "come" e "perché". E l’epidemiologia serve proprio a questo ed è l’approccio scientifico alla sanità pubblica. L’epidemiologia senza l’azione è nella generalità dei casi sterile esercizio, ha infatti per motto "conoscere per agire". Le implicazioni politiche ed etiche sono evidenti. Se a Londra non si fossero lasciati guidare dal "dove" e "quando" e avessero aspettato di scoprire il vibrione del colera, i morti sarebbero stati incalcolabili. Cionondimeno, incuriosito dalla proposta, sono andato a vedere come funziona, laddove esiste già dal 2006, una biobanca correlata con le malattie ambientali e cioè in Sardegna, a Sarroch, accanto ad una delle raffinerie tra le più grandi in Europa. Lì la biobanca è stata creata con lo scopo di monitorare eventuali situazioni di rischio per la salute dei propri abitanti e fornire supporto ad appropriate misure. In quella realtà si erano prima svolti degli studi epidemiologici che avevano evidenziato una maggiore frequenza di alcune malattie nella popolazione e si era avvertita la necessità di alcuni interventi per ridurre il livello di inquinamento riscontrato. Si cominciò pertanto a considerare l'ipotesi di prelevare tessuti biologici dai residenti e conservarli in modo da poterli utilizzare in futuro. Con gli studi di biomonitoraggio già oggi si può determinare la concentrazione di sostanze nocive e i meccanismi attraverso i quali esse esplicano la loro azione sull'organismo. La possibilità di eseguire misurazioni ripetute nel tempo permette di valutare dinamicamente come l'organismo risponde alle sostanze tossiche, la loro eventuale persistenza ed eliminazione, la reversibilità delle modificazioni biologiche precoci ed in alcuni casi dei danni come quelli genetici. Inoltre, dato il rapido sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie nel settore, è possibile che in futuro si potranno effettuare sul materiale biologico conservato analisi che oggi non sono disponibili o addirittura neppure ipotizzabili. Lo scopo della biobanca sarda è quello di monitorare gli effetti di un'azione di riduzione dell'inquinamento e non essere una alternativa agli studi epidemiologici e tanto meno un modo per rinviare sine die interventi di contrasto dello stesso. Ma c'è di più. E cioè che anche rispetto alla biobanca ci possono essere differenti approcci politici. Può essere un forziere (una "biobanca" appunto) in cui i cittadini che lo vorranno depositano volontariamente i loro materiali biologici ma il loro utilizzo e le conseguenti ricerche rimangono affare dei politici, dei tecnici e delle aziende chiamate a finanziare. Oppure un contenitore in cui i cittadini depositari sono anche coinvolti nelle decisioni sulle ricerche da svolgere e nell'assicurare l'aderenza dell'iniziativa alla finalità esplicita di contribuire alla tutela della salute individuale e collettiva, prestando particolare attenzione ai fattori ambientali. Ecco perchè in Sardegna hanno costituito una Fondazione che prevede la costituzione di comitati tecnici ed attività di informazione e formazione che favoriscano la partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali in materia di salute ed ambiente. Per queste ragioni in quella esperienza si è deciso significativamente di usare il termine "bioteca" e non "biobanca". Ben venga allora la bioteca con la partecipazione dei cittadini piuttosto che la biobanca, perchè ogni iniziativa che sviluppi la ricerca biomedica nella nostra città è sempre benvenuta. A patto che si tratti di un'iniziativa a beneficio della salute, con la partecipazione dei cittadini, e che non esima dal fare subito ciò che le conoscenze attuali già obbligano a fare. La bioteca ci aiuterà a capire nel tempo quanto questi interventi di contrasto siano stati davvero efficaci.

lunedì 16 aprile 2012

QUANDO VENDOLA ISTRUIVA I DIRETTORI GENERALI SUI CONCORSI PUBBLICI


La primavera pugliese era appena sbocciata ed ai nuovi direttori generali nominati a settembre 2005, oltre i consueti obiettivi fu indirizzata una lettera del Presidente Vendola riguardante proprio i concorsi nelle ASL con cui disponeva , tra l'altro, che "le assunzioni e le procedure concorsuali devono attenersi a principi di trasparenza assoluta. Tutti gli aventi diritto devono avere la possibilità di partecipare; si devono attivare tutti gli strumenti affinché ognuno sia informato, possa accedere a qualsivoglia informazione necessaria, sia messo in grado di giudicare e valutare i tempi e gli esiti concorsuali." Inoltre i direttori, secondo il Presidente, dovevano essere "rigorosi e fermi nell’indizione e nello svolgimento, in tutte le loro fasi, dei bandi di gara e degli appalti che devono corrispondere al rispetto delle regole e all’interesse della amministrazione e della collettività." Tascrissi queste note su alcune diapositive e le mostrai in uno dei primi ed affollati collegi di direzione. Furono accolte da un silenzio glaciale che mi parve contenere sentimenti di timore, auspicio, scetticismo, tutti insieme.
Le cose sono andate come sappiamo, cioè come sempre, purtroppo e questa notizia della chiusura delle indagini proprio per un concorso pubblico ci confermano, qualunque sia l'esito giudiziario, che la strada della separazione degli interessi elettorali dagli interessi pubblici è ancora lunga ed in salita.
Il governo delle strutture sanitarie va lasciato ai sanitari, i criteri per le assunzioni devono essere oggettivi. Non ci vorrebbe niente , se si volesse fare davvero, a costituire una graduatoria nazionale, o almeno regionale, con punteggi da attribuire in modo inequivocabile alle varie voci di una carriera medica e da quella attingere secondo le necessità. Il mondo della scuola può assurgere ad esempio. Perchè non dovrebbe funzionare anche in sanità? Se davvero si volessero riportare in Italia "cervelli fuggiti", come Vendola diceva di voler fare qualche anno fa con un primariato all'Ospedale Miulli, sarebbe bastata una legge ad hoc, in parte già esistente, che prevedesse, in presenza di requisiti oggettivi di altissimo livello, l'assunzione diretta per 5 anni a tempo determinato in una posizione apicale. Un luminare vero non ha certo paura di un contratto a tempo determinato!
Vendola non è un semplice cittadino, è nella condizione di proporre e far approvare norme che cambino radicalmente il mondo della sanità. Una legge per abolire la libera professione nelle strutture pubbliche o, quanto meno, per mettere in fila, nella stessa lista, paganti e non paganti, come hanno fatto in Toscana. Una legge per rendere meno discrezionale lo svolgimento dei concorsi, con punteggi certi e verificabili.
E' davvero triste che un politico si interessi di questioni di cui non ha competenza, ma è molto più triste che molti medici non partecipino più alle selezioni per primario "perchè tanto si sa come funziona". Ed ancor più triste che i cittadini accettino supinamente la "tassa di accesso" della libera professione "perchè non c'è altro modo per farsi ricoverare".
Non si deve disarmare, la strada è lunga ed in salita ma la meta di una società più giusta esiste ed è raggiungibile. Necessita una rivolta dei cittadini consapevoli.

domenica 1 aprile 2012

UN'INDUSTRIA DIVERSA

L'industria pesante, quella dei grandi impianti, è all'attacco. Identificato negli ambientalisti il "capro espiatorio" degli effetti "collaterali" prodotti dalla sua ultradecennale presenza a Brindisi, sia sul piano ambientale che occupazionale, nonchè degli insuccessi della sua strategia di espansione (rigassificatore), preoccupata di assicurarsi un esito non ostile dalla prossima tornata elettorale, mette in pista i suoi opinion leaders per consolidare nell'opinione pubblica l'idea della ineluttabilità della sua presenza.
Lo fa attaccando alcune voci indipendenti e controcorrente che sollevano critiche verso il modello industriale realizzato in questa area, alle quali non chiede una dimostrazione scientifica di questa contrarietà, ma una legittimazione elettorale. Qualche suo alfiere paventa un inesistente diritto di veto delle voci critiche disconoscendo il portato democratico delle libere associazioni di cittadini. Non importa che aria, suoli, sottosuoli e corpi siano intrisi di veleni, sia il popolo a dire chi ha ragione. A questo pressante richiamo ad un fair play democratico corrisponde però una sua pratica di presenza nelle istituzioni che non calca gli stessi percorsi elettorali e che è fatta essenzialmente di una attività di "lobbing". Vestendo per un attimo la maschera della democrazia, chiede agli altri comportamenti che non appartengono alla sua prassi oltre che forse alla sua cultura.
Non solo, ma richiama gli avversari al dovere di misurarsi sui temi della crescita e del lavoro chiedendo conto dei risultati dell'invocato nuovo modello di sviluppo ma tacendo i risultati del modello vigente: 20.000 disoccupati, 5000 residenti in meno in 20 anni, emigrazione giovanile e lavorativa, danni ambientali in perenne attesa di riparazione sia pure con soldi pubblici nonchè perdita di salute e di aspettativa di vita in alcuni settori della comunità, soprattutto tra i lavoratori.
Tutto ciò a fronte di un divario estremo tra utili degli azionisti e reddito da lavoro prodotto.
Ma il fronte industriale non è uniforme come si vorrebbe far credere. Non ha ricevuto in questi giorni dalla informazione locale la dovuta attenzione una notizia ampiamente ripresa invece da quella nazionale ed in particolare da IlSole24ore: "Materiali leggeri e riciclabili per nuove generazioni di serbatoi per il contenimento di olio destinati a motori per elicotteri. Serbatoi non più in metallo, ma in materiale plastico rinforzato, più leggero e riciclabile." Vincitrice del bando europeo la Telcom di Ostuni capofila di una cordata internazionale con all'interno anche il consorzio pubblico-privato Cetma con sede alla Cittadella della Ricerca.
Il modello dell'industria pesante non è quindi nè unico nè ineluttabile come si vorrebbe far credere. Qualche anno fa i due modelli si confrontarono all'interno di Confindustria ma vinse l'industria pesante che con più dipendenti dispone anche di più voti e di fatto sceglie il presidente. A chi critica gli effetti dell'industria pesante piace invece quest'altra industria piena di conoscenza in evoluzione, meno colpita dalla globalizzazione, più versata all'innovazione. Il nuovo modello economico non è anti-industriale come si vorrebbe capziosamente far credere ma contiene una industria diversa da quella che ha largamente monopolizzato l'area brindisina tanto da oscurare, con varie responsabilità, gli importanti risultati della prima.

mercoledì 14 marzo 2012

SALUTE BENE INDISPONIBILE




In un suo recente intervento su Nuovo Quotidiano il prof Federico Pirro ha sostenuto che le associazioni ambientaliste esercitano a Brindisi un «non ammissibile diritto di veto sul futuro industriale dello sviluppo cittadino».
Per il docente di storia industriale dell’Università di Bari le associazioni ambientaliste, non avendo ricevuto un mandato elettorale, non possono opporsi all’industrializzazione o meglio al protrarsi di un certo modo di fare industria sul territorio brindisino. La critica contiene l’invito implicito a misurarsi in campagna elettorale per ottenere la necessaria, a parer suo, legittimazione.
Il dott. Michele di Schiena ha fornito sulle stesse pagine una risposta sul piano giuridico e politico agli argomenti di Pirro, ricordando che l’opposizione al rigassificatore è stata unanimemente approvata dai consigli comunale, provinciale e regionale, che la libertà di esprimere e diffondere opinioni da parte di cittadini singoli ed associati trova legittimazione nella Costituzione e che il denunciato diritto di veto in realtà non esiste.
La tesi di Pirro in effetti è un fantasma. Il primo di una serie che sicuramente i poteri forti operanti sul territorio, in combinazione con settori politici e sindacali amici, metteranno in campo nei prossimi due mesi di campagna elettorale. I fantasmi servono a spaventare e quale migliore strumento della paura, per governare masse spesso non pienamente consapevoli della complessa realtà delle situazioni in discussione! La paura di pericoli inesistenti è un potente strumento di controllo sociale: paura del default, dell’art. 18 e, venendo al nostro tema, della chiusura delle fabbriche inquinanti a causa degli ambientalisti. Questo indistinto “nemico del futuro industriale” che sono gli ambientalisti diventa il “capro espiatorio” della crisi del sistema industriale incapace, da decenni ormai a Brindisi, di soddisfare l’offerta di lavoro e contrastare l’emigrazione lavorativa.
Un simile meccanismo (o dispositivo, per dirla con i sociologi) si mette in moto anche con le più recenti notizie diffuse dalla LNG sull’abbandono del progetto rigassificatore la cui responsabilità ricade sempre sugli ambientalisti. Sicuramente un fantasma si genererà per la dispersione di carbone sui terreni e nelle case degli agricoltori abitanti nei pressi della centrale di Cerano. E chissà cos’altro ancora.
A parere di chi scrive l’ambientalismo oltre ad essere una definizione indistinta e funzionale alla creazione del “capro espiatorio” è una ideologia che nasce in ambito capitalistico operando una disgraziata separazione tra salute e ambiente. Sembrerà incredibile ma la tesi del prof Pirro è una delle tesi dell’ambientalismo egemone, quello che inaugurato alla fine degli anni ’70 da Friedman, teorizza la necessità di regolare l’inquinamento affidandosi alla legge del mercato. I suoi principi sono: l’ambiente deve avere un costo, le responsabilità sono dei consumatori che non rinunciano ai consumi, non si deve applicare il "comando-controllo" pubblico sulle emissioni industriali, le regolamentazioni devono avvenire tramite "mercato", "chi inquina paga" (poco, e intanto può inquinare) ed infine la tesi del prof Pirro, I "Comitati" dei cittadini prevaricano la politica.
Una vera svolta si potrebbe avere solo ponendo al centro la questione salute, non nel modo di questi giorni, in cui si invocano “leggi per Taranto” e “leggi per Brindisi”, medicazioni tardive per le vittime e profittevoli per l’industria sanitaria, come quella della green-economy, gestita sempre dagli stessi capitani che hanno causato le epidemie, ma nel senso della vera prevenzione, come allontanamento delle nocività dagli uomini.
Ponendo l’accento sulla salute, principio fondamentale sancito della Costituzione, non c’è più margine di negoziazione per qualsiasi classe politica o delega a negoziare: si tratta di un diritto indisponibile.
Se gli uomini, le donne, i lavoratori, e soprattutto i bambini in carne ed ossa con il loro diritto alla salute diventeranno indisponibili alla trattativa tra la politica e l’industria, i fantasmi si dissolveranno e verrà fuori la concreta realtà. Spandere veleni sui lavoratori e sui bambini sarà forse una violenza involontaria e discreta ma ugualmente cruenta ed intollerabile.
Scriveva Giuseppe Dossetti, politico e poi monaco: “quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è un diritto e un dovere del cittadino”. Ed il teologo pastore Dietrich Bonhoffer, morto in campo di concentramento: “Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante."