venerdì 25 dicembre 2009

PROTONTERAPIA: SEMPRE ULTIMI AL SUD?


Il 3 dicembre scorso il direttore dell’Agenzia provinciale per la protonterapia di Trento , il prof Renzo Leonardi ha annunciato: “Parte con oggi la realizzazione del centro di Protonterapia oncologica in Trentino. Nel palazzo della Provincia autonoma di Trento è stato firmato stamani il contratto per la realizzazione della struttura, nell’ambito di uno schema innovativo di partenariato pubblico-privato”.
La Provincia Autonoma di Trento ha istituito l’Agenzia per la Protonterapia oncologica sin dal 2004 e in questi anni ha procurato di individuare le aziende che costruiranno l’impianto. “Fra quattro anni, quindi al collaudo, la Provincia verserà una cifra di circa 80 milioni, cifra comprensiva dei costi di finanziamento e delle spese finanziarie delle società” – aggiunge il direttore dell’Agenzia -. “La rata annuale per spese di manutenzione e di operatività che la Provincia verserà dall'entrata in funzionamento della struttura e per 15 anni è calcolata essere di circa 5,9 milioni massimi.”
L’impianto sarà realizzato da un’azienda belga e potrà trattare a regime 1000 pazienti all’anno. Molti di più di quanti ne proverrebbero dal solo Trentino. È chiaro che la regione Trentino si pone come polo di attrazione per una futura migrazione sanitaria.
Nel 2010 entrerà in funzione anche il centro di terapia con protoni e ioni carbonio di Pavia, anche questo frutto di una sinergia pubblico privato. Il centro lombardo è costato più di 200 milioni di euro e attrarrà pazienti da tutta Italia. I protoni e gli ioni sono utilizzati nella radioterapia dei tumori in pochi centri altamente tecnologici del Giappone, degli USA e dell’Europa centro settentrionale.
Il vantaggio per gli ammalati sarà costituito soprattutto dalla possibilità di concentrare la dose di radiazioni nel tumore con un risparmio quasi totale dei tessuti sani. E ciò comporterà che al tumore si potranno erogare dosi più elevate, con maggiore possibilità di distruggerlo, ed ai tessuti sani dosi irrisorie senza più le complicanze immediate e tardive della radioterapia con fotoni ed elettroni oggi disponibile.
Può la Puglia (ed il Sud) non rimanere al palo in tema di innovazione tecnologica e rompere la tradizione che la vede tributaria di malati e di intelligenze verso le regioni del Nord nel campo delle cure più avanzate?
A fine novembre scorso è stato presentato un progetto industriale per la realizzazione di un centro di protonterapia nella nostra regione. La Itel Telecomunicazioni di Ruvo di Puglia e la ADAM di Ginevra sono pronte a realizzare un acceleratore di protoni per la cura dei tumori. La proposta è stata avanzata alla Regione Puglia e attende di essere formalizzata.
Si tratta di un progetto italiano che potrà essere realizzato a costi molto più contenuti rispetto a quelli finora necessari grazie all’introduzione di particolari innovazioni sul sistema di accelerazione e di movimentazione del paziente. Ma soprattutto la realizzazione in Puglia di un centro di protonterapia farebbe risparmiare nei prossimi anni alla sanità regionale i costi per le cure dei pugliesi nei centri di Pavia e Trento, che avranno sicuramente basato parte dei loro piani economici anche sul prevedibile afflusso dei nostri ammalati.
Presto i vantaggi in termini di maggiori successi e minori complicanze delle cure con protoni giungeranno a conoscenza, grazie anche alla “rete”, di tanti ammalati che pretenderanno, giustamente, le cure migliori. Ma i vantaggi di un centro di protonterapia in Puglia non sarebbero rappresentati solo dalla miglior qualità delle cure e dai maggiori risparmi sulla mobilità passiva. Si richiederanno infatti nella fase di progettazione, costruzione, gestione e sviluppo del nuovo Centro le competenze di ingegneri, fisici, tecnologi, economisti, statistici, sociologi, biologi, medici, farmacologi; saranno necessarie interazioni con le Università, gli enti pubblici di ricerca come l’Enea ed il Cnr, nonchè le aziende private già presenti sul territorio.
La Puglia sarebbe meta di pazienti bisognosi di questa speciale terapia e dovrebbe curare l’accoglienza delle loro famiglie. Un’ occasione da non perdere da molti punti di vista, “altrimenti – come dichiarò il Presidente di Itel, Leonardo Diaferia – la Spagna ci aspetta a braccia aperte”.

Maurizio Portaluri

Nella foto l'Assessore alla Sanità della Puglia, prof Tommaso Fiore, mentre ascolta gli interventi al convegno di presentazione del progetto di un acceleratore di protoni presso la Itel di Ruvo di Puglia il 21 novembre 2009

sabato 5 dicembre 2009

LA CONTRACCEZIONE DIVENTA “BIO”: ARRIVA IN ITALIA LA PRIMA PILLOLA NATURALE



La Società Italiana dei Medici di Medicina Generale informa che da Settembre 2009 è disponibile anche in Italia la prima pillola disegnata intorno alla donna.
Naturale, perché rilascia l’estradiolo, lo stesso estrogeno prodotto dal corpo femminile. “Bio” perché, dopo mezzo secolo di ricerche, si è sostituito il derivato sintetico, l’unico utilizzato finora, con una sostanza esattamente identica a quella rilasciata normalmente dall’organismo.
Si tratta di una pillola che apre nuovi orizzonti per tutte le donne in età fertile.

Il buon controllo del ciclo mestruale, abbinato ad un’elevata sicurezza contraccettiva, ad un’alta tollerabilità e al ridottissimo impatto metabolico, la rendono infatti una valida scelta a tutte le età.
Agisce con un mix a dosaggio flessibile di estradiolo valerato e dienogest, un progestinico già ampiamente impiegato con successo per il suo potente effetto sull’endometrio.
Ogni confezione è composta da 28 compresse: 26 a base dei due ormoni, variamente combinati, più due placebo, così da assicurare un’assunzione continuativa e ridurre le dimenticanze.

Questa pillola si presenta quindi come una nuova opzione anticoncezionale che risponde alle perplessità di chi, oltre l’80% delle italiane, è tuttora restio verso la pillola.
Sono proprio la variabilità del dosaggio e la combinazione con il dienogest ad aver permesso a questa nuova pillola di riuscire dove tutti i precedenti tentativi avevano fallito.
Fino ad oggi infatti, utilizzare l’estradiolo, l’ormone che il corpo riconosce come proprio, era risultato impossibile poiché non assicurava un sufficiente controllo del ciclo.

Questa nuova pillola rappresenta il capostipite di una nuova classe di estroprogestinici per via orale, con potenzialità del tutto peculiari.
La protezione da gravidanze indesiderate è garantita e pari a quella delle altre pillole oggi in commercio.

I principali vantaggi extra-contraccettivi riguardano invece la migliore stabilità ormonale grazie al minore intervallo senza ormoni (solo 2 giorni invece dei 7 delle pillole “convenzionali”), il controllo del ciclo in particolare in caso di mestruazioni abbondanti, prolungate o frequenti - con un ridotto numero di giorni di sanguinamento e flussi più brevi e più leggeri - e un minor impatto metabolico, proprio perché l’estrogeno utilizzato è quello che il corpo femminile conosce da millenni.