sabato 24 luglio 2010

IN ATTESA DI UNA NUOVA SANITA’ IN PUGLIA: PAGARE LA SALUTE E NON LA MALATTIA.

L'attuale scontro politico sui tagli alla sanità pugliese è preoccupante per le ripercussioni sia, in termini generali, sulla salute delle persone, e sia per quanto riguarda l’accesso alle cure. Ma sappiamo bene anche che l’organizzazione sanitaria incide solo per il 10-15% sulla salute di una popolazione.

Soprattutto l'utilizzo dell'argomento come strumento di lotta politica ha sempre distratto l’attenzione dalla sostanza del problema. La riduzione dei posti letto fu, otto anni fa, un tema di lotta politica contro il governo regionale di centro-destra; oggi tagli di proporzioni anche maggiore sono motivo di contestazione al governo di centro-sinistra. Tagli che peraltro seguono un Piano Sanitario pieno di promesse ed ampliamenti dalla dubbia sostenibilità economica. Nel 2002 fummo contrari a quei tagli perché l’ospedale era l’unica risposta di salute. Se oggi molti cittadini si ricoverano impropriamente, non lo fanno solo per non pagare il ticket ma anche perché le liste di attesa sono troppo lunghe ed il ricovero è una scorciatoia per eseguire subito gli esami necessari senza pagarli di tasca propria. In questi anni la medicina del territorio, in particolare la medicina generale e ambulatoriale, ha ricevuto molte più risorse del passato. E’ giunto il tempo che si faccia carico di coloro che non necessitano di ricovero e di quanti vengono dimessi in condizioni subcritiche.

Constatiamo ancora, purtroppo, che le persone che ne hanno bisogno non hanno facile accesso alle cure, i tempi di attesa per ricevere una visita o effettuare un esame sono molto lunghi ed incompatibili con i dettami della medicina moderna; i costi sono talvolta pagati di tasca propria, le attività di prevenzione languono in gravi difficoltà e la medicina del lavoro pubblica è quasi scomparsa. Il pensiero va a città industriali come Brindisi e Taranto oppure a Bari con la paventata chiusura dell’unico reparto di degenza rimasto. Per molte cure di malattie gravi i pugliesi migrano ancora verso strutture sanitarie del Centro-Nord; fuggono dalle carenze, dalla mancata previsione, dalla inefficace organizzazione e dallo scarso coordinamento.

Siamo certi che questi migranti dolenti che, pur di curarsi bene, sono disposti ad affrontare viaggi lunghissimi, di centinaia di chilometri, accetterebbero volentieri di percorrerne solo poche decine in più, dall’inutile ospedale sotto casa, per raggiungerne uno efficiente all’interno della nostra regione. Il problema è constatare che restano in piedi rimasugli di ospedali inutili accanto a grandi ospedali sottoutilizzati e privi di specialità importanti. Non vediamo alcuna programmazione delle attività che mancano e temiamo che anche questa volta la politica non avrà la forza necessaria per contrastare la rivolta delle corporazioni sanitarie (medici, infermieri, burocrazie sanitarie) a loro volta spalleggiate dai politici locali atterriti dalla perdita di consenso e perciò disposte anche ad istigare autolesionistiche isterie dal basso.

In questa situazione già di per sé preoccupante assistiamo allibiti all’elargizione fatta, dal governo regionale, a don Verzè di 120 milioni di euro per l’Ospedale San Raffaele di Taranto; un progetto che in nome dell’”eccellenza”, in realtà, per le partecipazioni “tecniche” ed azionarie, dirette ed indirette, che con ogni probabilità lo connoteranno, minaccia di essere un altro eccellente e poliedrico esempio di conflitto di interessi, stavolta applicato alla sanità. Ossia alla salute pubblica (Si consiglia a tal riguardo la lettura dell’interessante articolo di Angelo Di Leo pubblicato sul Corriere del Giorno di mercoledì 21 luglio). Un’elargizione che si scontra con l’assenza di un vasto piano d’ammodernamento tecnologico delle strutture ospedaliere pubbliche.

A noi, lo ribadiamo, non interessa il tecnicismo dei tagli; a noi interessa la salute dei pugliesi, quella salute che nessuno si occupa di misurare-valutare e che alcuni indicatori indiretti danno in peggioramento.

Il contrasto alle fonti inquinanti è debole e quasi solo di facciata. Si consideri, a tal proposito, il problema delle emissioni nocive del siderurgico e della raffineria di Taranto, del petrolchimico del farmaceutico e del carbone di Brindisi; e ancora gli scarsi controlli delle acque e degli alimenti, le ispezioni nei luoghi di lavoro che ormai si fanno solo su richiesta. Se il contrasto è debole, la prevenzione non è certo in condizioni migliori; manca il registro regionale dei tumori e l’attività epidemiologica, da parte dell’ASL, intorno alle fonti di rischio ambientale e sanitario manca del tutto o quasi.

Non vediamo alcuna forma di contrasto al dilagante consumismo farmaceutico, vaccinale e radiologico che oltre ad essere fonte di spreco, è anche portatore di danno alla salute.

L’informatizzazione delle attività cliniche – cartelle cliniche, visite, esami radiologici – è sporadica ed insufficiente con la conseguente ripetizione di procedure e l’incompleta presa in carico dei malati.

Abbiamo chiesto, inascoltati, che fossero dati segnali precisi che facessero luce sulla commistione tra pubblico e privato anche all’interno delle strutture pubbliche; come per esempio, l’adozione di liste d’attesa uniche, per paganti e non paganti, così come ha fatto la regione Toscana per gli interventi chirurgici; l’abolizione dell’obbligo di prenotazione per alcune prestazioni specialistiche di base ad alta frequenza di richiesta. Il problema dei “tagli” dei posti letto ospedalieri, al quale no siamo pregiudizialmente contrari, non indebolisce la nostra continua richiesta di una sanità diversa da quella finora attuata in Puglia. Il riferimento non è solo agli scandali giudiziari ma, piuttosto, ad una nuova visione che privilegi la tutela della salute alla erogazione di prestazioni.

Ai tempi dell' antico impero cinese i medici venivano retribuiti fino a quando i loro assistiti erano in buona salute e non ricevevano più alcun compenso quando viceversa si ammalavano: forse la proverbiale saggezza cinese aveva colto nel segno e se anche noi ci armassimo della medesima saggezza, la nostra salute sarebbe certamente più tutelata. (Patrizia Gentilini)

Per approfondimenti:

- Gli scandali della sanità pugliese http://salutepubblica.org/uploadtest/Servizio%20Socio-Sanitario/090801%20Scandalo%20sanita.pdf

- Otto proposte per la sanità malata http://salutepubblica.org/uploadtest/Servizio%20Socio-Sanitario/091016Otto_Proposte_per_la_sanita_pugliese.pdf

- Bilanci ASL 2008 http://salutepubblica.org/uploadtest/Servizio%20Socio-Sanitario/Bilanci%20ASL%202008_puglia.pdf



Medicina Democratica

Salute Pubblica

martedì 20 luglio 2010

AVANTI PRESIDENTE!

Questa volta col Presidente Ferrarese mi trovo daccordo. In questi ultimi giorni ha fatto due uscite sulla sanità. Una in cui auspica che si dotino tutti gli ospedali della provincia di Brindisi di TAC e Risonanze magnetiche per ridurre le liste di attesa, l'altra in cui chiede 100 milioni per ammodernare (immagino soprattutto con tecnologie) la sanità locale.

Sebbene siano i Sindaci ad avere per legge il compito di vigilare sulla ASL e concertare le decisioni strategiche, il presidente della Provincia ha fatto bene ad alzare la voce ponendo una questione generale e non di campanile (come fanno invece alcuni Sindaci e Consiglieri).

Si sa, con Ferrarese non sono daccordo su tante cose. Una di queste è la visione della salute collettiva che non è fatta solo di cure ma anche di prevenzione, ma non sprecherei questa occasione di consonanza per dare forza ad una idea.

Poi nel merito o negli aspetti tecnici non saremo daccordo su tutto, ma che la sanità brindisina manchi di molte specialità chiave ed abbia tecnologie da rinnovare, è una verità che dovrebbe vedere tutti concordi nel protestare e nel reclamare.

Purtroppo poi non basta aumentare il numero di TAC per ridurre le liste di attesa. Sia perchè nella sanità pubblica non accade quello che succede nell'azienda privata a cui Ferrarese è abituato. Gli inglesi hanno dimostrato da tempo che se i costi aumentano di una certa entità, la produttività aumenta molto meno. Eppoi i tempi. Per modificare l'organizzazione del lavoro ci vogliono mesi e mesi di concertazione sindacale, per spendere dei finanziamenti per ammodernamenti anche anni.

Ho detto che poi nel merito qualche approfondimento sarebbe necessario. E credo che il Presidente sarà anche daccordo su quanto sto per dire. Alla Mayo Clinic di Rochester, uno dei santuari della Medicina moderna, il 40% degli esami radiologici è inappropriato, cioè richiesto ed effettuato senza un giustificato motivo. Stenteremmo a credere che qui, se si andasse a verificare bene, non troveremmo qualche punto percentuale in più? Bene. Allora se mettessimo in atto un'attività di controllo della appropriatezza che il CNR di Lecce ha proposto anche all'assessorato alla salute della Puglia, con le stesse macchine potremmo ridurre della metà i tempi di attesa. A parte la considerazione ( Ferrarese la condividerà perché insieme a qualche sindacato lamenta che io parli sempre e solo dei cancerogeni occupazionali) per la quale negli USA (chissà perché studiano solo lì) hanno stimato 29.000 cancri nei prossimi decenni per le dosi da radiazioni da TAC effettuate nel 2007! Per questo è importante fare ogni sforzo per richiederle ed eseguirle solo quando servono.

A Brindisi mancano reparti importanti per le patologie diffuse nella popolazione. Mancano la Chirurgia toracica (eppure i tumori al polmone non mancano), manca la Gastroenterologia (eppure non mancano le malattie del fegato), manca la Cardiochirurgia, mancano risonanze magnetiche (è vero che sono poche).. Mancano da quando c'era il centro-destra e da quando c'è il centro-sinistra. Molta tecnologia pesante andrebbe rinnovata ed aggiornata. Se per far questo si chiudesse qualche piccolo ospedale che costa milioni di euro all'anno (leggiamoli i bilanci della ASL!) se ne lagnerebbe solo chi ci lavora e qualche politico locale, non certo i malati che per curarsi fanno anche migliaia di chilometri.

Avanti così Presidente!

Maurizio Portaluri

martedì 13 luglio 2010

IL BRUTTO ANATROCCOLO, IL CIGNO ED IL SUO CANTO





Qualche giorno fa Enel e Confindustria Brindisi hanno esultato per alcune dichiarazioni diffuse dal Dipartimento Ambiente della Unione Regionale delle Province Pugliesi contenute in un verbale di incontro svoltosi a Brindisi il 21 giugno scorso. Non dunque un documento ufficiale dell'Arpa ma il resoconto di un'audizione di dirigenti dell'Agenzia. Nell'incontro tema di discussione erano “le emissioni di anidride carbonica, polveri sottili e del conseguente impatto ambientale della Centrale Federico II”. Nel verbale, che il Presidente dell'UPI, Prof Schittulli, mi ha subito messo gentilmente a disposizione, si legge che “a quanto pare esiste su tutto il territorio Brindisino, in particolar modo nel suo distretto industriale, una capillare rete di centraline per l’esattezza ventotto, la stragrande maggioranza gestite interamente dall’ ARPA solo il 30% gestite da aziende private cinque delle quali dall’ ENEL. Le parole della Dirigente (dell'ARPA, dott.ssa D'agnano) sono sin dall’inizio confortanti e rassicuranti in quanto si apprende che nessuna di queste supera la soglia limite di rilevamento soprattutto nei pressi della Centrale Termoelettrica a carbone ENEL “Federico II”. Il verbale prosegue: “emerge un aspetto inquietante per quanto concerne l’inquinamento del sottosuolo, nello specifico la dott.ssa D’agnano si riferisce alle falde acquifere per il 90% inquinate non certo a causa delle sostanze di lavorazione dell’ ENEL bensì per infiltrazioni di sostanze di scarti di lavorazione delle aziende petrolchimiche e soprattutto farmaceutiche”.
Se questa audizione tranquillizza Enel, perché Confindustria non si preoccupa dell’inquinamento delle falde? È forse meno pericoloso per l’uomo?
Inoltre mi domando in che misura sulla base di queste notizie possiamo stare tutti più tranquilli. Intanto si deve precisare che le centraline misurano solo alcuni degli inquinanti che la combustione del carbone produce. Non misurano mercurio, arsenico, piombo, nichel, diossine, policlorobifenili (pcb), idrocarburi policiclici aromatici (ipa), sostanze radioattive come il polonio. Di tutte queste sostanze sappiamo ancora molto poco a Brindisi, mentre sappiamo molto da studi condotti in altre nazioni anche circa i loro effetti negativi sulle popolazioni residenti nei pressi delle centrali a carbone.
Bisogna studiare e ricercare di più. Mi sono esercitato in un problema di aritmetica ma non so se l’ho svolto bene. È un problema sul mercurio. Su 8 milioni di tonnellate di carbone transitate annualmente nel nostro porto, assumendo che in ogni kg di carbone ci possono essere mediamente 0,3 mg di Mercurio (ma anche di più o di meno, ma questo dovrebbe essere stabilito con apposite analisi), nelle centrali brindisine sono entrate annualmente 2400 tonnellate di mercurio. Nelle autodichiarazioni aziendali si legge che per il 2005, in aria sono stati emessi 50 kg di mercurio e 2,7 Kg in acqua. Cioè appena il 2 per mille del mercurio presente nel carbone. Un vero successo della captazione o una mia grave carenza in matematica?

Noi siamo contenti che l'ARPA controlli oggi più di ieri e siamo fiduciosi che controllerà sempre meglio, perché gli inquinanti da controllare sono ancora tanti, molti di più di quelli di cui si è interessata la commissione ambiente dell'Unione Regionale delle Province il 21 giugno scorso a Brindisi.