lunedì 26 dicembre 2011

PESSIMISMO NELLA SANITA' PUGLIESE

Ho ricevuto questa lettera da un medico della sanità pubblica alle soglie della pensione.

"Voglio innanzitutto ringraziarti ancora per avermi fatto recapitare in ospedale il tuo libro (La Sanità Malata, Viaggio nella Puglia di Vendola, 2008 Glocaleditrice ndr), che ho letto subito con interesse. Ero ricoverato dal giorno prima per una frattura.
Condivido molto di ciò che scrivi, quasi tutto. Non il tuo velato ottimismo sulle possibilità di recupero della nostra sanità. Sono convinto, infatti, che ci sia un peccato originale che non prevede ammenda. La Bindi ha fatto una riforma (che sostanzialmente riproponeva quella di De Lorenzo, mala scopiazzatura del sistema sanitario americano) che, con la "privatizzazione" della gestione  sanitaria pubblica, pretendeva di ottimizzare le risorse e rendere più efficiente il sitema, ventilando incentivi e disincentivi, responsabilità e valorizzazione delle competenze:il che non ha mai funzionato. Nè poteva essere altrimenti.
In un sistema privato vero, infatti, c'è chi mette un capitale e un rischiodi perderlo. A tutela dell'uno e dell'altro, sceglie i suoi collaboratori per le capacità che hanno. Ognuno si assume le responsabilità che gli competono. Chi sbaglia paga e chi non è capace se ne va.
La nostra riforma sanitaria spartitocratica è, invece, un vero e proprio sistema feudale nel quale il politico (Presidente-Assessore) nomina a propria assoluta discrezione i Direttori Generali, che nominano (sempre a propria discrezione) gli altri dirigenti generali, e così proseguendo fino alla base della piramide. Esisterebbe, in teoria, solo una responsabilità politica (da ridere in un Paese di irresponsabili corrotti che quando si è sull'orlo dell'abisso delegano l'emergenza a tecnici). Chi sbaglia non paga. Paga tutto il cittadino, tre volte: la mancata risposta ai propri bisogni, il dover risolverli emigrando o rivolgendosi al privato, e infine dovendo ripianare il deficit che questa fabbrica di inefficienza ha creato.
Si è selezionata di conseguenza, purtroppo non solo nella sanità, una classe una classe dirigente di yes-men, servi sciocchi, che più sono tali più vengono premiati. Questo rende impossibile un futuro miglioramento della nostra sanità pubblica. Sono quindi molto pessimista per il prossimo futuro .
Per essa ho lavorato tutta la mia vita e oggi mi trovo nella paradossale situazione di dovermene andare. Se non avessi fatto domanda di pensione (di cui effettivamente usufruirò fra 1 anno) mi avrebbero punito decurtandola invece di incrementarla, magari con 50 anni di contributi. Ma la cosa più importante è che la mia sala parto e la sala travaglio sono camere di degenza adatatte impropriamente all'uso; da 8 anni ci sono lavori in corso nell'ospedale, e della ristrutturazione del mio reparto non si profila nemmeno l'inizio, mi mancano medici, infermieri ecc.ecc..
Ma mi rincuora che nel nostro mestiere se uno è Medico veramente, in qualche modo trova la possibilità di lavorare bene e utilmente. Io dovrò continuare a lavorare nelle condizioni che mi sono date per un altro anno, poi si vedrà!"