mercoledì 28 aprile 2010
CURARSI FUORI DALLA PUGLIA
Non riesco ancora ad immaginare di cosa parlino i Sindaci della nostra provincia quando si incontrano per discutere dei problemi della ASL. Potrei leggere i verbali delle Conferenze dei Sindaci (anzi potrebbero essere pubblicati sulla rete), ma non ne ho il tempo. Ugualmente mi è difficile fare pensando ai consiglieri regionali che si aggirano nei palazzi della sanità, qui come a Bari. Perché guardando un po' di numeri si osserva che su 88 mila ricoveri ospedalieri di nostri residenti nel 2008, 25 mila avvengono in strutture fuori ASL e di questi più di 5mila fuori regione. Se si indagano le motivazioni di questi ultimi, il 13% è per tumori, il 13% per malattie ortopediche, il 12% per malattie del sistema nervoso, l'11% per malattie del cuore, il 6% per malattie dell'apparato digerente il 5% per malattie endocrina. In apparenza si tratta di malattie che potrebbero essere ben curate in Puglia. Ma si vede che così non è. Una conseguenza della scelta di curarsi fuori ASL e fuori Regione è la perdita di risorse finanziarie. Nel 2008 solo per i ricoveri ospedalieri la perdita è stata di 81 milioni, 61 per i ricoveri in altre ASL della Regione, 19 in altre regioni, parzialmente compensata dai 30 milioni dei ricoveri di residenti in altre ASL che sono venuti nei nostri ospedali, per cui alla fine la perdita è stata di 50 milioni, quasi il 10% del budget annuale della ASL di Brindisi. Con 50 milioni si comprano, per avere un'idea, 50 risonanze magnetiche, più di 50 TAC, centinaia di broncoscopie ( a Brindisi ancora non si può eseguire), ecc, ecc. La Regione ha istituito un Osservatorio sulla Mobilità Passiva da dove dovrebbero venire indicazioni per i rimedi a questa emorragia di risorse. In realtà, a mio parere, una cosa intelligente da realizzare è chiedere ad un campione dei diretti interessati come mai, pur avendo a disposizione delle strutture sanitarie che si occupavano delle loro malattie nella propria Regione, hanno preferito rivolgersi a centinaia di chilometri di distanza. Sono sicuro che emergerebbero utili consigli per dei correttivi a bassa costo, come quelli sull'accoglienza e sull'accessibilità delle strutture. Ci sono però, poi, delle indubbie carenze come quelle di equipe multidisciplinari che curino i tumori delle ossa e dei tessuti molli e dell'apparato endocrino. Una carenza che denunciai nel 2007 quando ero direttore generale dell'Oncologico, dicendo che l'ortopedia nostrana si occupava più di protesi e meno di tumori. Poi si è capito anche perché. Eppoi ci sono i ritardi tecnologici. Noi ci riforniamo di tecnologie biomediche con almeno 10 anni di ritardo rispetto al Nord. L'errore sta nel fatto di attendere i finanziamenti ad hoc dal governo per l'ammodernamento tecnologico, che arrivano ogni 7-8 anni, mentre si dovrebbero individuare delle possibili economie nei bilanci delle ASL e destinarle al capitolo delle grandi macchine. Quando ero direttore generale alla ASL BAT con fondi di bilancio acquistai un angiografo digitale, ampliai la fornitura della radioterapia e feci costruire le stanze per terapia radiometabolica per la quale la gente pugliese andava e va ancora a Pisa. Dove tagliare? Una voce poco studiata è quella dei rifiuti. Circa 2 milioni di euro all'anno. Si potrebbe pagare i rifiuti smaltiti non a volume ma a posti letto occupati, come si fa in Emilia Romagna e come mi suggerì un consulente da me nominato quando ero alla ASL BAT, poi dimissionato anche lui dopo di me. Oppure creare dei centri di irraggiamento dei rifiuti speciali ospedalieri in modo da renderli rifiuti urbani, molto meno costosi da smaltire. Da questi e da altri risparmi deriverebbero risorse per nuove tecnologie e crescerebbe la fiducia dei nostri concittadini verso i loro ospedali.
(Nella foto, il pronto soccorso del Nationa Hospital di Abuja - Nigeria)
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