La sanità pugliese vive in questi tempi una delle stagioni forse più oscure della sua storia recente. Sarebbe facile utilizzare questa condizione pregonica per attribuire colpe alle parti politiche, professionali e sindacali coinvolte. Si tratterebbe di un esercizio utile se fosse finalizzato a proporre soluzioni radicali, ma se deve ridursi a schermaglie sul teatrino della politica, è già così ampiamente e inutilmente praticato da non costituire una novità.
Disgustato dalle cronache giudiziarie e politiche di questi mesi ho trovato grande sollievo in una lettura occasionale rinvenuta nel mettere in ordine la mia biblioteca. La lettura era tratta da un libretto, anch'esso occasionalmente acquistato più di dieci anni fa nell’edicola di una stazione ferroviaria, una raccolta di articoli giornalistici su storie di medici americani. Tutte molto interessanti. Ma ve ne è stata una che mi ha colpito particolarmente. Raccontava l’attività di una dottoressa alle prese con un suo paziente all’interno di una delle più importanti istituzioni mediche di quel paese e forse del mondo, la Mayo Clinic. Una catena di ospedali ed altre strutture sanitarie in cui ogni americano, alla bisogna, desidererebbe essere curato. Una particolare organizzazione a cui anche le assicurazioni americane preferirebbero, se fosse mai possibile, rimborsare le cure di tutti i loro assistiti in ragione del fatto che, ancorché lì siano disponibili le più avanzate e le più costose tecnologie biomediche, le cure costano al consumatore circa la metà dei rimborsi per analoghe malattie in altri ospedali privati. Saranno presi da stupore i liberisti di ogni latitudine nell’apprendere che si stia parlando di una struttura privata il cui prodotto finale ha un prezzo più basso di quello di mercato.
Ma quel che mi ha colpito di più sono tre regole su cui si fonda il funzionamento dell’ospedale. La prima è il contratto di lavoro dipendente puro dei suoi medici. Stipendio competitivo, formazione garantita, standard di lavoro top level, senza libera professione, senza incentivi sul numero di prestazioni. Ciò vuol dire un corpo sanitario dedicato e leale. La seconda è la multidisciplinarietà. Il medico non manda ma accompagna il suo paziente dall’altro specialista di cui abbisogna. Questo è il segreto del minor costo delle prestazioni: quando i medici si parlano non si prescrivono esami inutili, costosi e a volte dannosi. La terza è il governo dei sanitari. Le strutture sono governate da gruppi permanenti di sanitari e non da amministrativi i quali sono invece di prezioso supporto alle decisioni dei sanitari.
Infine il motto che campeggia nella pagina della mission dell’organizzazione “Le necessità del paziente vengono prima di tutto”. Basterebbe vivere questo motto e rendere operative le tre regole della Mayo Clinic per uscire dal pantano. Se non in tutta la regione, almeno in qualche modello. Il troppo tempo perso inutilmente non fa però ben sperare. Forse un’alleanza tra operatori e malati che credono possibile un simile modello anche in Italia ed in Puglia potrebbe scuotere dal basso l’elefante malato. La chiamerei “Amici degli ammalati”. Non più siti ASL pieni di informazioni burocratiche che interessano solo operatori e fornitori ma informazioni per problemi da risolvere. Non più tribunali o sindacati del malato ma “Amici”.
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