lunedì 27 aprile 2009

LA BIOLOGIA MOLECOLARE

I servizi sanitari regionali del Sud d’Italia sono, stando ad un rapporto annuale pubblicato dall’Università Tor Vergata anche nel 2009, tutti al di sotto della media italiana. Spendono troppo per il personale ma hanno meno personale di tutti, non distribuiscono tutti i soldi che ricevono dallo Stato alle ASL ma ne trattengono una fetta non piccola, gestiscono in proprio una quota più bassa di servizi sanitari delegando il resto ai privati. Spendono meno per la prevenzione. Nei loro ospedali la complessità della casisitica è molto bassa. Ogni anno continuano a perdere centinaia di milioni di euro a vantaggio delle regioni del nord perché molti meridionali continuano a preferire, quando possono, le strutture sanitarie di quelle regioni a quelle a loro più vicine. E non gli si può dare torto. A parte obiettive difficoltà delle strutture sanitarie meridionali nella comunicazione con l’utenza per far conoscere le prestazioni erogabili e le modalità di accesso, c’è un ritardo tecnologico documentato anche dal rapporto annuale. Ci sono meno grandi macchine rispetto al nord. Un divario tecnologico che si ripercuote anche sulle attività di laboratorio. Sono rari i laboratori moderni che praticano esami di biologia molecolare con la quale soltanto oggi è possibile raggiungere diagnosi precise e terapie personalizzate.
È un problema di soldi? Non credo. È un problema di cultura che non c’è e di incapacità della politica di contrastare l’accademia medica che al sud ha prodotto prevalentemente sanità privata a discapito di quella pubblica. La politica al sud non mostra di saper realizzare ciò che più serve ai cittadini ma solo ciò che più serve ai baroni ed alle corporazioni sanitarie. Ma i baroni e le corporazioni sanitarie non avrebbero interesse ad una sanità moderna? Sì, ma a patto che non sia nelle mani di troppi e quindi meglio niente a nessuno che tutto a tutti. Una questione di potere. E tutto ciò mentre in questi giorni a Milano Veronesi annuncia un centro interamente dedicato alla biologia molecolare, questa nuova frontiera della medicina, da costruire accanto al suo Istituto Europeo di Oncologia, entrambe ovviamente iniziative for-profit. Alcuni anni fa commentai l’annuncio del raddoppio dell’Istituto milanese mentre nella mia regione qualche sindaco sbraitava per avere un day hospital oncologico nel suo paesello. L’Istituto milanese ha raddoppiato, il paesello ha il day hospital per qualche chemioterapia, ma i nostri ammalati per le malattie più gravi continuano a viaggiare.
Sarebbe davvero ora di interrogarli questi nostri concittadini che vanno a curarsi fuori, per conoscere le loro ragioni, nonché di misurare quanti ammalati guariscono nei nostri ospedali e non solo, come si è fatto sinora, quanti ne vengono curati.

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