mercoledì 30 giugno 2010

SANITA': I TAGLI NON SERVONO SENZA UNA POLITICA SANITARIA ANTICONSUMISTICA


All'inizio del decennio scorso il governo regionale si trovò ad affrontare un importante deficit e mise in atto un blocco totale di acquisti ed assunzioni che durò circa quattro anni. A questo si aggiunse la cura dimagrante dei posti letto negli ospedali e la loro parziale chiusura. A dieci anni di distanza, per fronteggiare un deficit di pari dimensioni ma con un budget sanitario nel frattempo quasi raddoppiato, le misure che probabilmente verranno messe in campo richiamano quelle della prima potatura.
La Puglia "migliore" avrebbe meritato qualcosa di più!
Con ciò non si vuol dire che nulla sia cambiato in questi anni. Alcuni costi sono cresciuti notevolmente come quelli della medicina di base, della riabilitazione e della farmaceutica, si è introdotta nuova tecnologia, nuovi servizi alle disabilità sono ora disponibili. Però la gente continua a migrare per curarsi, l’accesso alle prestazioni è difficile, il cittadino spesso deve pagare da sé esami e cure. Ma oltre questi aspetti funzionali, quale è l’efficacia della nostra sanità? I risultati delle cure sono paragonabile agli standard internazionali? La salute della popolazione è migliorata o peggiorata? Purtroppo il problema della spesa e del suo contenimento rimane sempre in primo piano ed i rimedi sono sempre gli stessi, cioè tagli e ridimensionamenti. Non sono contro i tagli e neppure contro la chiusura di alcuni ospedali.. Ma ciò che soprattutto mi pare manchi oggi, come dieci anni fa, è una politica che contrasti il consumismo sanitario. Una politica che controbilanci la pervasività dell’industria farmaceutica e biomedica e che metta in condizioni il servizio sanitario di confrontarsi con essa in situazione di parità, anche attuando la sospensione temporanea della informazione scientifica industriale negli ambulatori medici. Una politica che renda trasparenti, cioè noti ai cittadini, i rapporti tra industria farmaceutica e servizio sanitario (non solo medici), crei una forte informazione pubblica sui farmaci anche con campagne pubblicitarie, informi i cittadini e gli operatori sanitari sui rischi di cancro che possono derivare ai pazienti da una diagnostica radiologica inappropriata, valuti criticamente le proposte di campagne vaccinali prima che siano dichiarate di dubbia efficacia dagli stessi proponenti. E ancora, privilegi la prevenzione primaria attraverso stretti controlli su acqua ed alimenti. Bandisca l’uso dei pesticidi. Informatizzi le cartelle cliniche per evitare ai cittadini ripetizioni di esami e inutili peregrinazioni. Misuri i risultati delle cure e valuti l’operato dei medici su di essi e non sulla quantità di prestazioni erogate. Un sistema sanitario, in altri termini, che paghi la salute e non la malattia.
Questa rivoluzione culturale in sanità, che un’area minoritaria ma sempre più consapevole, da tempo propone e non solo in questa regione, sarebbe proprio necessaria per migliorare la salute dei cittadini e per evitare che fra dieci anni ci si ritrovi a dover proporre ad una popolazione più malata i tagli ed i ritagli di oggi.

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